domenica 6 febbraio 2011

Zona Cappuccini. Tra arte, volontariato e degrado

Si arricchisce di un nuovo tassello il prezioso patrimonio storico-artistico luciese, che tra luoghi di culto, resti greco-romani, palazzi e monumenti di varie epoche custodisce la memoria storica del paese, in molti casi trascurata dalle istituzioni, poco o per nulla valorizzata e sconosciuta agli stessi luciesi, principalmente ai più giovani e giovanissimi. Tra i tanti tesori che giacciono sommersi, l’ultima “scoperta” è quella di un affresco, che è stato riportato alla luce dentro la Chiesa SS. Immacolata dei Cappuccini.


LA SCOPERTA.


Dopo quattro secoli, l’opera è improvvisamente venuta fuori perché, grazie ad un intervento di restauro, è stata rimossa la tela che la occultava. La chiesa, risalente al 1610, è infatti oggetto di un piano di recupero a cura della Sovrintendenza ai Beni Culturali di Messina, che, con un primo finanziamento, ha disposto il restauro di cinque quadri settecenteschi collocati lungo le pareti. E proprio durante la rimozione di uno di essi è stato scoperto un affresco realizzato, con molta probabilità, al tempo dell’edificazione della chiesa stessa, raffigurante la scena della crocifissione. Nonostante lo strato pittorico sia deteriorato, l’opera si è conservata in buone condizioni, mantenendo i colori originali. Sono visibili le figure della Madonna, di Maria Maddalena e di San Giovanni e, al centro, il profilo della croce, andata persa, che doveva essere probabilmente in legno e sovrapposta all’affresco. Questo si trova sul lato sinistro dell’edificio, sul primo altare ligneo, e potrebbe essere stato eseguito da un pittore di area cappuccina, secondo le consuetudini della chiesa del tempo. Il ritrovamento ha subito attirato l’attenzione della sovrintendenza, che ha avanzato una proposta di tutela, curata dal dott. Luigi Giacobbe, il quale dirige le operazioni di restauro sui cinque quadri già in cantiere, per i quali il termine di consegna è stabilito a gennaio 2012.


LA STORIA. IERI E OGGI.


La chiesa, di proprietà del Fondo Edifici di Culto, è parte di un complesso monastico che comprende anche un convento e una cripta, un tempo collegata alla chiesa tramite una botola sotterranea, dove sono ancora presenti i resti dei corpi conservati dai monaci. Abitato inizialmente dai frati cappuccini, che lo lasciarono dopo il 1861 in seguito alla soppressione civile degli ordini religiosi, il convento rimase abbandonato sino al 1919, quando mons. Salvatore Ballo lo riscattò, provvide al restauro e lo affidò alle Suore Missionarie dell’Eucarestia, che lo gestirono come casa d’accoglienza per ragazze orfane sino al 1980. Dopo essere stato gestito per una quindicina d’anni dalla Pia Unione delle “Figlie di Gesù Sacerdote”, suore laiche provenienti da Palermo, nel 2000 fu definitivamente abbandonato, rischiando la chiusura a causa dello stato di incuria e degrado in cui versava.


L'IMPEGNO CIVILE.


Gli ultimi anni hanno visto però l’interessamento attivo di padre Paolo Impalà, sacerdote della Parrocchia Maria SS. Assunta, che con l’aiuto della dott.ssa Francesca Rizzo e di altri volontari, ha consentito il recupero dell’edificio, sostenuto esclusivamente dalle offerte dei fedeli. Il convento, che ha ospitato il “grest” durante i mesi estivi, è al centro di un progetto, in parte già attuato, che lo renderà sede di un centro studi – con una biblioteca in cui attualmente sono già presenti più di duemila volumi – e di una casa di ospitalità per gruppi di preghiera, laici, associazioni e casa-vacanze per famiglie, con 50 posti letto e mini appartamenti.


IL GRIDO D'ALLARME DELLE OPERE D'ARTE.


Per quanto concerne la chiesa, il piano di restauro ha come prossimo obiettivo il tabernacolo ligneo dell’altare maggiore, un’opera maestosa risalente anch’essa al XVII secolo, su cui è collocato il quadro dell’Immacolata con i patroni della città, San Biagio e S. Lucia, e i fondatori degli ordini francescani maschile e femminile, San Francesco D’Assisi e S. Chiara. Ma il recupero urge anche per la cripta, che rimane per lo più chiusa tutto l’anno, tranne che in occasione delle visite guidate, e per le decine di tele preziose, in parte ex voto, presenti nelle sale del convento. Il complesso monastico, infatti, non è solo una delle testimonianze storico-artistiche principali, ma rappresenta anche una attrazione turistica, favorita dalla posizione panoramica, che domina tutta l'area tirrenica sino alle Eolie. Una risorsa da valorizzare, nel contesto di un centro storico che, se non adeguatamente attenzionato, è ad alto rischio degrado. Eppure, pare che nessuno, da nessuna parte, se ne ricordi. Tranne che in campagna elettorale.