

"Nessuno sarà lasciato da solo", è la promessa del premier Silvio Berlusconi che ha definito l'accaduto come "una tragedia senza precedenti", dopo aver raggiunto L'Aquila ed aver sorvolato in elicottero l'area colpita dal sisma. Subito dopo ha presieduto a Roma la seduta del Consiglio dei ministri che ha conferito "i poteri di attuazione degli interventi d'emergenza" al sottosegretario Guido Bertolaso. "Per i primi giorni sono stati stanziati 30 milioni di euro di fondi immediati, in attesa di quantificare giovedì le risorse strutturali", ha spiegato Berlusconi. Intanto ci si prepara alla prima notte dopo il terremoto, una notte fredda e di pioggia che ha cominciato a cadere sugli sfollati per i quali si stanno predisponendo le tendopoli o cercando migliaia di posti letto negli alberghi lungo la costa. A L'Aquila in tantissimi si apprestano a trascorrete la notte nelle auto parcheggiate in piazzali o comunque in aree lontane dagli edifici: la paura non è passata e la scossa del tardopomeriggio di magnitudo 4.1 fa ricordare che il terremoto é ancora lì, in agguato, ancora una volta nella notte. Una paura che non ci è estranea, che ci riporta ad un passato non troppo lontano. Paura della precarietà delle proprie certezze, pronta a balzarci addosso, iscritta dentro noi stessi. E mentre si susseguono strazianti le notizie sui genitori che hanno perso i figli e vagano tra i ciottoli senza avere più un posto nel mondo, mentre corpi inermi vengono estratti dalle macerie e madri morte ritrovate abbracciate ai propri bambini, c'è solo spazio per la commozione, per le lacrime forse o per un vuoto attonito senza pensieri che siano sopportabili.
Uno spazio anche per la speranza, magari, aggrappata alle testimonianza di chi ha salvato una vita. Come Fabiano Ettorre, 30 anni, di Tempera, volontario della Protezione civile: ha cominciato a scavare a mani nude subito dopo la scossa e la mattina alle 9, con i suoi amici, era ancora lì sopra le case crollate, a cercare di tirare fuori dei corpi. Alla fine ne ha contati 11, sei morti e cinque ancora vivi. "Me lo sentivo", dice. Spazio per la solidarietà. Per la tristezza. Domani, forse, svaporando l'angoscia che ci opprime il cuore sentiremo più forte l'indignazione feroce per gli sciacalli che entrano nelle case aperte rubando relitti di vite distrutte, ci arrabbieremo per le storture che la cronaca di queste ore ci mette innanzi agli occhi, tra le polemiche di tragedie annunciate e i buchi neri del sistema ai quali siamo pericolosamente assuefatti.

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