Questo non è un blog anonimo perché ha il mio nome e la mia faccia. Dietro non c’è una redazione, una squadra di persone che lavorano per il reperimento delle notizie, per la grafica, per l’aggiornamento costante che si richiederebbe a un mezzo agile e diretto come il web. E per questo la mia colpevole assenza da queste pagine ha causato un buco di oltre un mese, nel quale molte cose sono successe, delle quali avrei voluto scrivere per non lasciare che, come sempre avviene con i fatti non registrati, passassero senza traccia. Credo che la vera forza del giornalismo stia nel rendere visibile quello che altrimenti non lo sarebbe. Troppe storie non sarebbero narrate, conosciute, diffuse, troppi volti passerebbero anonimi o dimenticati o cancellati, semplicemente perché quello che non viene detto non esiste. Questa è la forza della parola. E questo è il motivo che mi spinge ad amare questo mestiere, anche se non lo esercito regolarmente, anche se il mio lavoro di ricercatrice mi ruba troppo tempo e troppa energia, anche se ho tanti vizi, difetti, passioni. Una volta, ai tempi beati della mia prima e perduta giovinezza in cui ero ancora una studentessa, un professore mi disse che scrivevo con il cuore, perché il tum tum tum di quest’organo che batte e scandisce l’esistenza era il ritmo che la mia scrittura seguiva. Ma il cuore è un regno inclemente, e meschino, che si fa rapire da grandi entusiasmi e altrettanto rapidamente si disillude. E la verità è che adesso che sono finalmente qui, di fronte a questo schermo, con una gamba ancora rotta, voglio riprendere a scrivere non da uno dei tanti argomenti di cui mi piacerebbe, e che pure hanno la loro importanza, ma di uno preciso, che appunto mi trafigge il cuore con sentimenti contrari e contraddittori. Ma poiché è la realtà ad essere contraddittoria e contraria, scriverò delle due facce di una tragedia che pesa vicina sui nostri ricordi.
Parlo naturalmente del disastro di Giampilieri, Altolia, Scaletta, Itala, Molino, Briga Superiore, avvenuto tra l’indifferenza generale della nazione. Come se nulla fosse accaduto in quel primo ottobre di fango assassino. Parlo del cinismo e del marciume di una classe politica che non si fa carico della tragedia. Composta da quegli stessi stronzi che senza vergogna sono così bravi a chiedere ed accumulare voti su voti salvo poi dimenticarsi dei cittadini quando non sono più elettori. Parlo dei media che non hanno saputo raccontare lo strazio di 37 morti e 1.600 sfollati. Da “Porta a porta” all’“Arena”, dove le regole dello spettacolo e dell’audience in un carosello di imprecisioni e polemiche rissose finiscono sempre per avere la meglio sull’informazione, da alcuni tg a un settimanale come “Gente” che dedica un reportage di quattro pagine all’Italia che frana escludendo dalle emergenze la Sicilia e Messina. Non una riga, non una foto per una tragedia che non interessa nessuno.
Ma c’è un lato umano, in questa vicenda fatta di disagio, paura, morte. È la parte silenziosa, che non fa scandalo, che non fa rumore e che quindi non riesce a conquistare spazio sufficiente nella spirale deviata dell’informazione ufficiale. Ha il volto di chi soffre, di chi ha perso tutto, di chi deve ricominciare. Dei morti. Degli sfollati. Ha anche il volto dei tanti volontari che non hanno smesso di prestare il proprio tempo, il proprio lavoro, la propria presenza sui luoghi del disastro. Tra cui, i volontari della nostra protezione civile, di cui dobbiamo essere fieri, perché rinunciando anche al tempo libero delle domeniche e alle comodità quotidiane, fronteggiando coraggiosamente il dolore e le macerie, hanno contribuito con il loro sostegno ad aiutare e soccorrere quelle popolazioni. E il nostro gruppo comunale, coordinato dal geom. Angelo Letizia, è stato premiato, insieme alle altre associazioni volontarie, nel corso dell’ultima edizione del concorso internazionale Colapesce durante una cerimonia tenutasi a Messina. E' solo un riconoscimento, ma è prima di tutto un simbolo. Anche nell'ovattata atmosfera delle cerimonie ufficiali possono talvolta aprirsi squarci su una realtà che troppe volte si vorrebbe occultata.
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