lunedì 2 settembre 2013

1626 - 2013. Mons. Antonio Franco è Beato!

Mons. Antonio Franco in un ritratto
Katia Trifirò - È l’alba del 2 settembre 1626. Un corteo immane di fedeli di ogni età e classe sociale, dalle campagne e dai centri urbani dell’antica “Prelatura Nullius”, accorre a Santa Lucia del Mela per salutare un’ultima volta il suo amato Pastore. Mons. Antonio Franco, che ha solo quarant’anni ma una fama di santità già diffusa di bocca in bocca, testimoniata da guarigioni prodigiose ed altri eventi inspiegabili, si spegne guardando il cielo, mentre ancora sussurra preghiere ardenti per il suo popolo.
Sono trascorsi quasi quattro secoli, ma quella data è celebrata, da allora, con una devozione sempre crescente, che culmina oggi nel riconoscimento ufficiale del titolo di “Beato”, con cui Antonio Franco, sin dalla morte, è invocato dai fedeli della valle del Mela. Una pagina epocale, a cui generazioni di devoti, di studiosi, di personaggi illustri e di uomini della chiesa locale hanno contribuito anno dopo anno, sino ad ottenere la conclusione positiva della Causa.
Il rito di Beatificazione, che sarà presieduto dal reverendissimo cardinale Angelo Amato, rappresentante papale e prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, si terrà alle 18 nella Basilica Cattedrale di Messina, come annunciato nell’Angelus di ieri da Papa Francesco. Il corpo incorrotto del Beato Franco vi rimarrà sino al 13 settembre, perché possa essere meta di pellegrinaggi e preghiere. Giorno 15 farà il suo rientro nella Cattedrale luciese, dove, dopo una Messa di ringraziamento presieduta dall’arcivescovo mons. Calogero La Piana, verrà collocato definitivamente, in nuova postazione a sinistra dell’altare centrale.
Le operazioni di ricognizione canonica del corpo, iniziate il 15 maggio scorso, hanno rivelato i segni evidenti delle durissime penitenze con cui Antonio Franco automortificava la carne per elevare il suo spirito. In particolare, come anticipato dal vicario foraneo, don Paolo Impalà, si notano chiaramente la denutrizione del corpo e il solco del cilicio, la pesante catena che il Beato usava per flagellarsi e cingersi i fianchi, e che viene portata a casa dei malati per richiedere la grazia della guarigione.
Il nome di battesimo Antonio Franco è diffuso sin dal 1626, come riportano le fonti d’archivio, a ricordo di grazie ricevute e di una fede incrollabile nelle sue “Virtù eroiche”. Annoverata in una lunga lista di fatti prodigiosi, vi è persino la testimonianza di resurrezione dei morti, tra gli atti funzionali alla Causa che ricordano guarigioni da ogni genere di male, esorcismi, interventi sulle calamità naturali. La salvezza da una tempesta in mare, ad esempio, è evocata ogni anno nel giro votivo offerto dal complesso bandistico luciese, i cui componenti nel 1917 scamparono ad un naufragio nelle Eolie. Altrettanto celebre il “miracolo dell’acqua” fatta sgorgare a San Filippo del Mela, dove esiste il nome di una via intitolata al Beato Antonio Franco.

Parallelamente alle testimonianze d’archivio, esistono diverse ricerche dedicate a questa grande figura, tra cui un fondamentale studio di padre Giovanni Parisi del ’65, un volume di mons. Raffaele Insana e Antonino Saya Barresi del ’97, i preziosi scritti della famiglia Fulci. Il Beato Franco vi appare sempre con tutti i crismi di una santità di raro fervore, connessi alla sua alta statura umana, morale, spirituale, che lo rende uno dei Pastori più ragguardevoli e prestigiosi fra quanti si distinsero nei decenni successivi al Concilio di Trento. Si preoccupò della formazione e della moralità del clero, lottò contro gli abusi dei potenti e degli usurai sui deboli e sui contadini, rinunciò ai suoi stessi privilegi e si umiliò vivendo poveramente. Anche nell’azione evangelizzatrice, il suo modello fu San Carlo Borromeo, tanti che volle celebrare i Sinodi annuali proprio il giorno della sua festa, il 4 novembre.

L'uscita del corpo incorrotto dalla Cattedrale luciese, lo scorso 15 maggio