4 Agosto, 2006. New York. Cammino a piedi per le sorprendenti vie di Manhattan. Spazi e altezze ai quali i miei occhi non sono abituati. La vita mi scorre frenetica accanto, in una giostra impazzita di colori, facce, odori. La città pulsa, vibra, senza stop, senza soste, tra le automobili che scorrono sul Brooklyn Bridge, la linea azzurra della Sky line e le finestre infinite degli immensi grattacieli. New York, la città che non dorme mai.
All'improvviso, un vuoto, un buco, una voragine. Proprio lì, nel cuore pulsante della città, uno dei pochi posti al mondo dove sei autorizzato a pensare che niente si fermi mai, dove è inconcepibile trovarsi di fronte un intervallo vuoto di incalcolabili dimensioni, una ferita aperta nella fitta architettura metropolitana della city. E solo allora capisci veramente, o hai l'impressione di capire, quello che può aver significato il crollo delle Twin Towers. Lì, dove sorgevano le torri più alte di NY, resta una voragine che diresti senza fondo, e anche il cielo sopra di te sembra opprimerti, talmente vasta è l'area che si è aperta tra i grattacieli. Ti sembra di esserci già stato, non una ma molte volte, tanto le immagini televisive ti fanno sembrare familiari quei luoghi. Ma ciò che non è familiare è la sensazione che si prova. Solo stando lì, fermo, in mezzo a quel vuoto, perso in quel silenzio di macerie, realizzi, per un attimo, la reale portata della tragedia. Le parole vengono meno. Non si può che osservare in silenzio. Senza fiato.
Molti i fiumi di parole che verranno spesi oggi, tante le commemorazioni, grande l'attenzione di tutti mezzi stampa, tra sincera commozione e il rischio, sempre presente in queste occasioni, di scivolare nella retorica, nel girotondo delle accuse, nelle insidie dei giochi politici .
Dalle pagine di questo blog sento il dovere di dedicare il mio ricordo e un pensiero alle vittime dell'attentato che l'11 settembre del 2001 colpì al cuore l'America scoprendola vulnerabile e lasciandoci spettatori increduli di immagini televisive che sembravano fantascienza ma che si sono rivelate più vere di ogni immaginabile realtà.
Sono passati sei anni e nulla è come prima nè potrà mai più esserlo. Ma oltre gli echi del tam tam mediatico, oltre le decisioni prese nei centri di potere, oltre le conseguenze che hanno aperto scenari imprevedibili restano i tanti volti sconosciuti delle vittime, alcuni ancora sommersi dalle macerie del World Trade Center che li hanno seppelliti per sempre. Si ricostruirà su quei resti, il tempo continuerà a scorrere indifferente sulle pareti dell'Empire State Building, a far brillare le luci ai quattro angoli di Times Square e quell'immensa voragine che stravolge il cuore pulsante della città finirà per rimpicciolirsi e scomparire. Si parlerà ancora per molto tempo della politica di Bush, della guerra in Iraq, di Bin Laden e dei fondamentalisti islamici. A cercare colpevoli, ad individuare nemici.
Ma a loro, alle infinite vittime, innocenti e sconosciute, provocate dall'attentato e dalle guerre che ne sono conseguite, alle vittime di cui è scomodo parlare, va da questo blog un pensiero e un ricordo.
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