mercoledì 13 ottobre 2010

Dal consiglio comunale

Si è aperta con un atto di solidarietà nei confronti del sindaco di Pollica, Angelo Vassallo, l’ultima seduta del civico consesso che, all’unanimità dei presenti, ha fatto proprio il documento preparato e letto dal consigliere di maggioranza Rosario Torre sulla barbara uccisione del primo cittadino del comune salernitano.

A riscaldare gli animi e dividere i consiglieri è la proposta di salvaguardia degli equilibri di bilancio all’ordine del giorno, convalidata dal responsabile del servizio economico-finanziario Giuseppe Isaia e dal revisore dei conti Maria Briguglio. Il punto passa con i voti degli otto della maggioranza (Amalfi, Calderone, Coppolino, Impalà, Lombardo, Rappazzo, Schepisi, Torre), astenuta l’opposizione (Bella, Cannuni, Lipari, Manna), contrario il presidente Francesco Rizzo (nella foto), che si conferma sempre più su posizioni autonome, senza chiarire la propria linea politica neppure dietro le esplicite richieste di Impalà.
A monopolizzare il dibattito tra i consiglieri, ancora una volta, è il maxidebito derivante dalla sentenza sulla vicenda “Casa per tutti”, con una girandola di accuse verso l’atteggiamento della passata amministrazione, argomenti che fomentano spaccature interne alla stessa maggioranza. Sotto tiro finiscono anche l’operato del commissario ad acta e le misure intraprese dal sindaco per ripristinare il pareggio.

Approvata invece all’unanimità la proposta di variazione al bilancio di previsione presentata dal presidente del consiglio, che si impegna a destinare sei mesi della propria indennità di carica per il restauro dell’antica statua di Santa Lucia (nella foto) collocata nella chiesa di san Nicola.
L’importo, pari a 5.952,96 euro, servirà, per iniziativa di Rizzo, a finanziare i lavori di restauro finalizzati a riportare all’antico splendore il simulacro, che un tempo sfilava in processione per le vie del paese.

giovedì 7 ottobre 2010

Castello, un fulmine danneggia la torre triangolare. Urgente piano di recupero e valorizzazione

Il maltempo delle scorse settimane ha infierito sul monumento simbolo del paese, il Castello arabo-svevo-aragonese, che troneggia con le sue torri in cima al monte Mankarruna, a 387 metri d’altezza. E proprio una delle torri, quella triangolare, visibile dalla cinta muraria, è stata colpita da un fulmine, che ne ha danneggiato la struttura. Come rivelano i resti di pietra che la furia del temporale ha scaricato alla base della torre, ancora depositati sulla scalinata d’accesso (foto a sinistra).
A segnalare il danno, richiedendo l’intervento della sovrintendenza e della curia che ne è proprietaria, è il prof. Libero Rappazzo, capogruppo di maggioranza e cultore di storia patria, che auspica un ritorno del Castello al suo splendore originario: «Occorre intervenire con urgenza per il restauro di un monumento che è stato protagonista della storia millenaria della città, dove visse Federico II e dove riecheggiavano i versi della scuola poetica siciliana – afferma Rappazzo –, il Castello è stato oggetto nel tempo di ristrutturazioni che hanno snaturato le sue caratteristiche e per molti aspetti non è ancora valorizzato a sufficienza».
La prigione, in cui leggenda vuole che sia morto Pier delle Vigne, è ridotta alla funzione di deposito e non è attualmente visitabile. D’altra parte, non sono catalogati i preziosi volumi della biblioteca custodita nella torre cilindrica, dove si trovano incunaboli, cinquecentine e testi antichissimi, alcuni dei quali trafugati in tempi recenti con un grave danno all’inestimabile patrimonio librario. Come sostiene Rappazzo, è necessario anche il restauro delle mura perimetrali, ricoperte da colate di cemento, per il ripristino della originaria struttura in pietra, e interventi analoghi che restituiscano alla sua bellezza una delle mete preferite dai turisti che si recano in visita al paese. Anche per l’incremento di un flusso di turismo religioso favorito dal Santuario che si trova all’interno del Castello, in cui è collocata la statua marmorea della Madonna della Neve di Gagini. (foto a destra veduta del Castello)

domenica 3 ottobre 2010

"La Banda degli Onesti", ipse dixit

Forse ci sono troppi spifferi al palazzetto, forse era una serata troppo ventosa, ma il fatto è che mi sto riprendendo solo adesso dal ciclone Moggi, che ha compromesso la mia salute fisica: ma scherzi a parte, il ciclone c'è stato davvero, e non per il vento nè per il mio raffreddore, ma perchè effettivamente il passaggio del "Direttore" è stato al di là di ogni previsione un vero e proprio tornado. In senso letterale, soprattutto quando il pubblico si è catapultato dall'ultima fila degli spalti per foto e autografi con Big Luciano, a dimostrazione del fatto che il popolo bianconero presente, e vi assicuro che era numeroso, crede in "Farsopoli" più che in "Calciopoli". E crede che gli scudetti siano sempre ventinove.
Ma andiamo per ordine: la conferenza-dibattito di sabato scorso, preparata con grandi sforzi e grandi risultati dal club doc Juventus "Scirea", era stata preceduta da molte polemiche, neanche a dirlo, sulla scia di quanto avvenuto a livello nazionale dal 2006, perchè quella estate in cui scoppia lo scandalo del calcio italiano ha diviso l'opinione pubblica e scaldato gli animi tra gli stessi tifosi, schierati in almeno in tre fazioni. Quelli che si sono disaffezionati e allontanati dalla squadra del cuore, quelli che hanno continuato a sostenere la Vecchia Signora convinti però della colpevolezza di Luciano Moggi & co., quelli che ne difendono l'assoluta innocenza, sulla scorta di sospette incongruenze processuali. E poi ci sono gli adepti delle altre squadre, certo, che non perdono occasione per darla addosso alla Juventus. E c'è la stampa ("E' la stampa, bellezza!"), che si è coalizzata contro, inventando il termine Calciopoli e parlando addirittura di "Cupola".
Su tutto questo, il presidente Benedetto Merulla con il sostegno del direttivo e di tanti soci ha ideato l'incontro-dibattito che ha dato il titolo alla serata: “La Juventus di ieri, di oggi e di domani: Calciopoli, la storia falsa”, titolo di parte perchè l'obiettivo era dar voce ai protagonisti, Luciano Moggi, appunto, Gigi Moncalvo, Salvatore Cozzolino (nella foto da sinistra Cozzolino, me, Moncalvo, Moggi, Merulla). Tutti e tre in modi diversi coinvolti in prima persona. Assente, a causa delle condizioni meteo, Nicola Penta.
E questi sono i fatti: ingresso trionfale di Moggi, con Moncalvo e Cozzolino, di fronte al palazzetto gremito ed esultante e di fronte ad una corazzata di giornalisti (nella foto), armati di telecamere, microfoni e taccuini, che per dieci minuti buoni li hanno sequestrati (assediando soprattutto Moggi). Botta e risposta blindata Moncalvo-Moggi, che non si è concesso ad altre domande (nè mie, nè di altri giornalisti, nè del pubblico), ma che si è dato per un lungo quarto d'ora ai sostenitori, tra flash e autografi a più non posso. Quindici minuti che hanno lasciato felici i tifosi, un po' meno lo staff e il presidente Merulla, al quale, per la cronaca, è stato sottratto un prezioso volume con foto e firme degli ospiti del club. Infine, fuga verso l'aeroporto, dove il duo Moncalvo-Moggi era atteso dal mezzo aereo del Direttore per far ritorno in patria. I tempi in terra siciliana dovevano essere più lunghi, ma ancora una volta il meteo, a quanto hanno detto, è stato implacabile: occorreva rientrare per non trovare l'aeroporto torinese chiuso.
E così, calmate le acque, al tavolo verde siamo rimasti in quattro, il presidente del club luciese Benedetto Merulla, l'insostituibile segretaria e fac totum Maria Manna, Cozzolino ed io. Ma anche parte del pubblico si era dileguata dietro il ciclone Moggi. Tempi ristrettissimi quindi, tutte le scalette saltate, ma forse c'era da aspettarselo. Come la quiete dopo la tempesta. Tutti contenti, alla fine, anche perchè l'impegno organizzativo è stato notevole, premiato tra l'altro da un effetto scenografico spettacolare e una barriera di sicurezza impeccabile, che ha consentito di non avere incidenti di percorso, e soprattutto perchè - chiedetelo agli organizzatori - la verità è che non è semplice avere ospite un personaggio del calibro di Luciano Moggi, discusso e controverso, sotto i riflettori, ma pur sempre direttore generale per ben 12 anni, tutti di successi, della squadra più amata del calcio italiano. I numeri danno ragione al club Scirea, che ha fatto l'en plein di pubblico in sala e copertura mediatica dell'evento. Con buona pace di chi non avrebbe scommesso nulla sulla buona riuscita della serata e di chi quella serata neppure l'avrebbe voluta.
Il leit motiv è stato naturalmente quello indicato dal titolo: la tesi di farsopoli, che il gruppo juventinovero.com, di cui Cozzolino è uno splendido rappresentante, sostiene prove alla mano. Come le intercettazioni fatte ascoltare nel corso della serata. Da parte di Moggi (nella foto insieme a Merulla), commenti amari sulla pochezza strategica nella gestione del calcio italiano dal 2006 ad oggi, aneddoti ironici, accuse in direzione degli Elkann e di Montezemolo.
E quando passa fuori dal palazzetto dello sport la banda musicale, Gigi Moncalvo (è lui l'ipse dixit del titolo di questo post, non fatevi strane idee, lettori abituali di questo blog!), da istrionico giornalista qual è, coglie la palla al balzo per una battuta, strappando ancora una risata e un applauso al pubblico, e chiede se non sia per caso "la banda degli onesti venuta per Moggi". Perchè quell'onestà, e questo è il messaggio ultimo del dibattito, è da provare nei tribunali, non sui giornali.

Quando Santa Lucia scopriva...Saint Lucia


È salito improvvisamente alla ribalta internazionale il piccolo stato caraibico di Saint Lucia, paradiso naturale (e fiscale) da giorni sotto i riflettori per il giallo che coinvolge la famiglia del presidente della camera Fini sulla proprietà di una villa a Montecarlo. Le immagini dell’isola, che si trova nelle Antille, e quelle del suo ministro degli esteri Rudolph Francis, protagonista del “caso” tutto italiano a metà tra gossip e politica, hanno fatto il giro del mondo.
Proviamo ora a fare un piccolo salto nel tempo, ritrovandoci nel 1999: solo undici anni fa, apparentemente pochi, ma distanti anni luce dall’attuale politica-spettacolo e dal potere mediatico dell’informazione di oggi. Lontano da ogni clamore, nell’ultimo scorcio del secolo, in un clima di cordiale amicizia e buone intenzioni, il ministro degli esteri di Saint Lucia sbarcava in terra siciliana: George Odlum, che allora ricopriva quella carica, arrivava in visita ufficiale dall’isola caraibica e veniva festosamente accolto dai cittadini luciesi, per avviare un gemellaggio tra le due comunità, distanti ma con tanti punti in comune. A partire dal più evidente: anche Saint Lucia, come Santa Lucia del Mela, deve il suo nome al culto della martire siracusana, essendo stata scoperta dalle flotte di Isabella di Spagna il 13 dicembre, ricorrenza celebrata solennemente dai cittadini luciesi. Entrambi i popoli sono di religione cattolica, entrambi hanno subito dominazioni straniere che hanno influenzato la cultura locale con i loro costumi e le loro tradizioni. In più, entrambi vivono la stessa situazione economica di declino delle fonti tradizionali di reddito, legate all’artigianato e all’agricoltura. Erano infatti gli anni in cui si iniziava a parlare di globalizzazione e di risorse locali, e i due popoli gemellati ponevano le basi per aprire i confini geografici, incrementare gli scambi culturali, instaurare rapporti di collaborazione.
Sfogliando l’album dei ricordi, scopriamo che il gemellaggio era stato fortemente voluto dall’ambasciatore italiano all’ONU Francesco Paolo Fulci, diplomatico di origine luciese, che aveva sostenuto l’allora amministrazione Pandolfo nell’organizzazione di un progetto di amicizia e solidarietà, valori solennemente celebrati nel corso di quella visita e ribaditi dalla consegna simbolica delle chiavi della città al ministro di Saint Lucia. Per l’occasione, era stata inaugurata l’aula consiliare del palazzo socio-culturale, con taglio del nastro e consiglio comunale straordinario alla presenza di Odlum, del sindaco Santo Pandolfo, dell’assessore alla cultura Lidia Vella, del presidente del civico consesso Franco Interisano e dei consiglieri.
E se gli ideali di fratellanza e amicizia tra popoli, sanciti dalle firme apposte sulla pergamena-ricordo, non hanno mai perso attualità, con il passare degli anni un po’ di polvere si è depositata su quel gemellaggio, come avviene per tutti i ricordi belli destinati però a rimanere nei cassetti del tempo.
(nella foto da sinistra Fulci, Pandolfo, Odlum)