domenica 30 novembre 2014

E la montagna diventò discarica

Pietra del Chiodo, novembre 2014












Tutela della salute e dell'ambiente, le sfide dell'Alsa

Presentazione Alsa.
Da sinistra: Loredana D'Amico, Silvia Calderone, Nadia Calderone, Salvatore Triolo, Simone Giunta

Difesa del diritto alla salute, educazione ambientale, sensibilizzazione sui temi dell’inquinamento industriale e dello sviluppo sostenibile, tavoli tecnici, monitoraggio e informazione. Punta al coinvolgimento dei cittadini e alla collaborazione delle istituzioni l’Associazione Luciese per la Salute e l’Ambiente (Alsa), sorta dalla volontà di essere parte attiva nella lotta per la tutela della salute e per la salvaguardia dell’ambiente. Il direttivo, presieduto dall’avv. Salvatore Triolo, è composto da Simone Giunta (vicepresidente), Silvia Calderone (segretaria), Loredana D’Amico (tesoriere), Filippo Alibrando, Letizia Alleruzzo, Lucio Donato, Nino Impalà, Letizia Stracuzzi (consiglieri). 
Formata a ridosso dell’incidente alla Ram dello scorso 27 settembre, l’Alsa si è presentata alla comunità nel corso di un incontro pubblico, per illustrare l’attività svolta sinora, a partire dalle iniziative condivise con il Coordinamento ambientale della Valle del Mela, di cui è parte a fianco delle altre associazioni ambientaliste del comprensorio. «Siamo nati da una sorta di risveglio popolare», afferma il presidente Triolo, «chiediamo la collaborazione di tutti per continuare nel tempo a sensibilizzare e mantenere alta l’attenzione su tutte le problematiche del territorio, in vista del benessere dell’intera collettività, che non può essere delegato alle sole istituzioni». 
Proprio per agire su un cambiamento di mentalità, l’impegno dell’Alsa si rivolge anche alle scuole, con attività formative e laboratoriali dedicate al rispetto per la salute e l’ambiente. Tra i progetti in cantiere, il monitoraggio delle sorgenti d’acqua e dei corsi dei torrenti e la verifica sulla presenza di discariche abusive, segnalate dai cittadini, che rischiano di contaminare i terreni dediti all’agricoltura e all’allevamento introducendo sostanze nocive nella filiera agroalimentare. Previsto inoltre un nuovo biomonitoraggio sulla salute della popolazione dell’Area ad alto rischio di crisi ambientale Valle del Mela e Milazzo, chiedendo la collaborazione dei medici di base e dell’Asp, oltre che del mondo universitario. Triolo e gli altri componenti del direttivo hanno infine ribadito il carattere apartitico e apolitico del gruppo, per garantire trasparenza ed evitare dannose strumentalizzazioni. (Katia Trifirò)

Il pubblico presente in aula consiliare


lunedì 24 novembre 2014

Pro Mende stravince, ora si aspetta il derby

Cronaca sportiva di Antonio Giunta

Pro Mende Calcio a 5Citta di Pace Del Mela = 7 – 1

23/11/2014 - Dopo il passo falso del Palarescifina di sette giorni fa, la Pro Mende riprende la propria marcia e con un perentorio 7 ad 1 ai danni del Città di Pace del Mela rimane in testa alla classifica, in compagnia di Siac e Città di Villafranca (squadre che però hanno già riposato). Partita senza storia, con i luciesi che schiacciano gli ospiti nella propria metà campo e nei primi dieci minuti trovano subito tre reti grazie a Mandanici, Rizzo e Salvadore. Il Città di Pace del Mela tenta di rientrare in partita, ma, a cavallo dei due tempi, prima De Luca e poi nuovamente Salvadore e Mandanici chiudono definitivamente i conti. La Pro Mende non rischia nulla e, dopo il terzo goal giornaliero di Salvadore, imbeccato da un ispirato Zullo, concede solo qualche tiro da fuori che serve ad esaltare le doti di Campo. 
Con la speranza che le porte del Palazzetto si riaprano, l’appuntamento è a domenica prossima per il tanto atteso derby  tra Futsal S.Lucia e Pro Mende. Derby che manca sul territorio luciese da tantissimi anni.

Prima domenica a porte chiuse. Penalizzato lo sport

Pubblico fuori, squadre dentro
Per molti la parola "domenica" significa partita di calcio. Per molti, ma non per tutti. Succede a Santa Lucia del Mela, dove ieri il pubblico della locale squadra calcio a 5 è rimasto fuori dal palazzetto dello sport che ospita gli incontri. Il motivo? Partite a porte chiuse e ingresso interdetto al pubblico. Regna, inevitabilmente, il malumore tra società sportive e tifosi, che hanno accolto come una doccia fredda la notizia del divieto di accesso a gradinate e tribune, sia nel palasport che allo stadio “Gaetano Scirea”. A comunicarlo, con una nota inviata ai dirigenti delle associazioni che ne fruiscono, il sindaco Nino Campo e l’assessore allo sport Santino Pandolfo. Intanto, l’interdizione al pubblico è sentita come ingiusta penalizzazione ad un settore, come quello dello sport, che a Santa Lucia del Mela ha alle spalle una storia importante, rivelandosi vincente non solo sul piano agonistico ma, prima di tutto, per le importanti ricadute in termini di socializzazione e aggregazione. 

Eventi annullati
Che non tutto fosse in regola era nell’aria già dall’estate, prima dell’inizio delle giornate di campionato. La conferma è arrivata giovedì scorso, nero su bianco, ai presidenti delle associazioni sportive dilettantistiche Pro Mende Calcio, Futsal Santa Lucia del Mela, Polisportiva Santa Lucia del Mela, Merì, Real Merì. Tra i primi effetti, la cancellazione di un evento calcistico che, ieri, prevedeva la presenza di oltre un centinaio di ospiti per l’esibizione dei settori giovanili di Pro Mende e G.D.S. “Peppino Cutropia” di Milazzo. Gli organizzatori, spiega il responsabile della scuola calcio luciese Antonio Giunta, sono stati costretti ad annullare i preparativi e l’amichevole in programma, con grande amarezza dei bambini coinvolti, ma anche delle loro famiglie. 
Per un tempo difficile da quantificare, ma che si prevede lungo, potrà essere usato solo il campo da gioco, per gli allenamenti e per le partite a porte chiuse, mentre salteranno, con grande probabilità, tutti gli altri appuntamenti che si svolgono abitualmente all’interno del palasport alla presenza di un pubblico numeroso, come l’evento di solidarietà della Protezione civile luciese che, a ridosso delle festività natalizie, organizza ogni anno una raccolta fondi con una due giorni di giochi e tombolata. 

Manutenzione e pulizia, la polemica infinita
Stupisce, inoltre, che la mancata autorizzazione all’ingresso del pubblico riguardi non solo il campo sportivo, struttura vetusta per la quale, grazie ad un finanziamento regionale, è in programma una ristrutturazione completa, ma anche il nuovo palazzetto, inaugurato nel 2008 dopo un’attesa lunga quasi un quarto di secolo. Eppure, non si contano le segnalazioni di problemi interni all'impianto, come i frequenti allagamenti in alcuni punti, che si sommano agli scambi di accuse tra società, amministrazione comunale e scuola (il palazzetto viene usato dagli studenti delle elementari nelle ore di educazione fisica), sul suo stato di manutenzione e sulla pulizia degli spazi comuni. Il problema vero sembra essere la mancanza applicazione di un adeguato regolamento, che disciplini, ad esempio, l'ingresso e la fruizione nelle strutture comunali come il palasport, garantendo da un lato la responsabilizzazione da parte di chi ne fruisce e, dall'altra, regole chiare e condivise che evitino strumentalizzazioni, equivoci e il solito, inutile, scarica barile. 

Un problema burocratico?
Già da oggi, promette l’assessore Pandolfo, gli uffici si attiveranno per istituire la commissione che valuta l’autorizzazione per l’accesso del pubblico. Si tratta, afferma Pandolfo, di adeguare gli impianti alle ultime normative, che non consentono la piena fruizione delle due strutture secondo gli standard attuali. Occorrono cioè nuove verifiche, prima che sia revocato il divieto di accesso agli spalti, secondo quanto dichiara anche il sindaco Campo. A ritardare l’autorizzazione, sarebbe un problema di tipo burocratico: «Abbiamo potuto affidare l’incarico ad un tecnico per la verificare dello stato degli impianti solo dopo l’approvazione del bilancio», sostiene Campo. Le società e i cittadini, intanto, attendono risposte.
(Katia Trifirò)

Spalti vuoti

sabato 22 novembre 2014

Salute e ambiente, Santa Lucia del Mela lotta


Prende ufficialmente il via l’Associazione Luciese Salute e Ambiente (Alsa), che verrà presentata ai cittadini domani alle 19 in aula consiliare. Per la prima volta anche Santa Lucia del Mela, come avvenuto nel comprensorio di Milazzo e come sta avvenendo, con diffusione sempre maggiore, nelle altre città siciliane e del resto d'Italia più inquinate - Taranto in testa -, si riconosce in una propria "sigla" ambientalista, attorno alla quale si è già formato un movimento collettivo, sorto dalla società civile e dalle sue rivendicazioni in tema di salute e ambiente, sia per quanto riguarda il diritto alla corretta e completa informazione (troppe volte "viziata" da una pericolosa connivenza tra le cosiddette istituzioni e chi inquina), sia sul piano della difesa e della tutela della salute umana e dell'ambiente. 
Il gruppo, costituito con l’obiettivo di informare e sensibilizzare la popolazione, ha raccolto quasi un centinaio di adesioni, che saranno formalizzate al termine dell’incontro pubblico di domani sera. In questa occasione, inoltre, l’Alsa renderà noti i nomi dei componenti del consiglio direttivo e le finalità con cui intende operare sul territorio, proseguendo alcune iniziative già in cantiere. Tra queste, il censimento delle malattie tumorali, con il supporto dei medici di base, ma anche la partecipazione ai tavoli tematici organizzati nell’ambito del Coordinamento ambientale della Valle del Mela, di cui l’associazione luciese è parte. 
In più occasioni, ancora prima della sua costituzione ufficiale, l’Alsa è scesa in campo a fianco delle altre associazioni ambientaliste del comprensorio, condividendone e supportandone le battaglie, compresa quella del “no” al Css nella centrale Edipower di San Filippo del Mela. Per volontà dei suoi membri, non ne faranno parte coloro che ricoprono una carica politica, sia per evitare rischi di strumentalizzazione che per rispettare i principi di apoliticità e apartiticità fondativi dello statuto.

giovedì 20 novembre 2014

105 CANDELINE PER NONNA ROSA!

Questa foto è stata scattata nel lontano 1927 e ritrae una parte della famiglia di Alibrando Salvatore che qui posa con la moglie Domenica e i due figli piccoli: Santo e Rosa.



Da allora sono trascorsi ben 87 anni e la spensierata ragazza che posava accanto al fratello oggi compie 105 anni.  
Nata e vissuta per quasi mezzo secolo a Santa Lucia del Mela durante gli anni dello sviluppo industriale si è trasferita con il marito e i tre figli nella provincia di Milano dove risiede tutt’ora. Attualmente è nonna di 5 nipoti e bisnonna di 8 nipotini che spesso vanno a trovarla nella sua casa di Cusano Milanino.
Nonostante l’età gode ancora di una discreta salute fisica e di una notevole forza di volontà che ogni giorno la porta a fare qualche lavoretto domestico ed a curare il suo amato orto. 



Così come la maggioranza di luciesi emigrati anche lei porta sempre nel cuore e nella mente la devozione a Beato Antonio Franco, che pregò tanto quando la madre ottenne il permesso di portare per qualche giorno l’urna contenente la catena che il beato usava per infliggersi penitenza a casa sua per invocare la guarigione del marito Salvatore.
Ricorda pure la tradizione orale che si tramandava fra i luciesi che riportava un fatto realmente accaduto alla fine del 1700: una signora del luogo in sogno vide dei topi che rodevano i piedi del Beato e grazie a questo sogno premonitore venne fatta una ricognizione che permise di recuperare il Corpo Santo e permise la venerazione futura delle sacre spoglie.


lunedì 17 novembre 2014

STORIE CONTAMINATE

Si intitola “Storie Contaminate” la personale di Filippo De Mariano promossa dall'Assessorato alla Cultura e Identità del Comune di Messina che aprirà i battenti martedì 18 novembre, alle 18,30, nel foyer del Teatro Vittorio Emanuele di Messina. All’inaugurazione interverranno l’assessore alla Cultura Tonino Perna, la responsabile GAI Messina Enrica Carnazza, e i critici Stefania Lanuzza e Daniele De Joannon. “Storie Contaminate”, come suggerisce il titolo, intreccia tra loro i filoni di ricerca condotti dall’artista negli ultimi anni di attività su più fronti delle arti visive. Il percorso espositivo, articolato in più sezioni, procede dalle caleidoscopiche cromie della serie intitolata “Gli animali di Sophia” alle enigmatiche figure femminili di “Donna: un mondo infinito”, per concludersi con le ultime opere aperte alle influenze della Street art. La mostra prevede uno spazio dedicato ai disegni preparatori e al modello in scala della monumentale scultura “Il passaggio dell'angelo”, oggi visibile in largo san giacomo. L'esposizione ospita infine una sezione fotografica che illustra le prove di De Mariano nel campo dell’arte installativa e performativa.  
Nato nel 1975 a Santa Lucia del Mela (Messina) dove risiede, De Mariano ha al suo attivo un denso percorso artistico sostanziato da numerose personali e collettive allestite in diverse città italiane nonché segnato da alcune prestigiose esperienze all’estero. “Il suo rapporto con l’arte è stato sin dagli esordi istintivo e viscerale: l’Africa, continente dei colori squillanti e dei profumi forti, terra dove convivono con potente semplicità dramma e bellezza, ha da subito catalizzato la sua attenzione indirizzando le sue prime prove artistiche verso un minimalismo animato da una intensa carica espressiva. La sua produzione pittorica si è affinata negli anni elaborando composizioni perfettamente bilanciate in cui colore e segno trovano un equilibrio ritmico e approdano ad una comunicazione diretta ed efficace. La forza dei legami affettivi e il profondo rispetto per l’imperscrutabile universo femminile, il senso di appartenenza ad una dimensione umana universale che non conosce barriere etniche né pregiudizi di sorta, la sensibilità alle problematiche ecologiche, sono alcune delle tematiche care a De Mariano, artista capace di tradurre l’idea in azione vitale e dirompente armonia di colori” (S. Lanuzza).


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La mostra sarà visitabile sino al 26 novembre 2014


sabato 15 novembre 2014

"Un giorno questa terra sarà bellissima" (Paolo Borsellino)

















"La conquista delle reciprocità è la fine della subordinazione, qualsiasi subordinazione. Quella del Sud agli interessi economici del Nord si legge sul territorio, con la condanna del Mezzogiorno alla minorità infrastrutturale (meno strade e rare autostrade, niente treni, pochissimi aeroporti, mentre il resto del Paese ne viene dotato pure con i soldi dei meridionali); coloniale (il petrolio italiano e lucano, e siciliano, ma i relativi vantaggi fiscali sono altrove e la ben-zina costa più a Sud, dove viene pure raffinata; stessa cosa per l'energia elettrica, la cui distribuzione è penalizzata, nel Mezzogiorno, da una rete insufficiente); economica (i fondi del Sud spesi al Nord, magari destinandone ancora  trecento milioni per la metropolitana di Torino, indebitatissimo  capoluogo della Regione più inaffidabile d'Italia, secondo le agenzie internazionali; e lo Stato che  a un terzo della popolazione italiana, i meridionali, da cui prende il 25 per cento delle entrate fiscali, destina solo il 18,8 per cento degli investimenti ordinari). Il Sud, però, è subordinato anche alla mafia e: alla stessa idea che ha di sé. Una condizione che fa comodo al Nord peggiore  e alla mafia. Il che spiega perché vadano tanto d'accordo.
Ma quando ti educhi a non essere più subordinato a qualcuno o a qualcosa, non tolleri di esserlo più a nulla. Così, il sempre più diffuso movimento meridionale di liberazione dal giogo mafioso, a cominciare dal pizzo, rinforza la consapevolezza del proprio diritto all'equità; allo stesso modo, la dilagante riscoperta di come è stata unificata l'Italia, a tutto danno dei meridionali induce a pretendere equità e rispetto della verità storica (per questo nascono comitati, associazioni, partiti), ma educa pure all'insofferenza dell'imposizione mafiosa. Si può essere schiavo di qualcuno e aguzzino di qualche altro (così l'oppressore divide e contrappone i servi, fu così persino nei campi di sterminio), ma quando si è liberi, lo si è e basta; del tutto, da tutto, da tutti. Che non è starsene da soli, ma non più sul gradino più basso: insieme, sullo stesso pianerottolo."

Un viaggio nel sud che cambia, fotografando una storia che ci riguarda da vicino e un presente di cui siamo parte. Questo è ciò che il giornalista e scrittore Pino Aprile, autore di libri diventati best seller veri e propri casi editoriali, come Terroni, Giù al Sud e, Il Sud puzza. Storia di vergogna e d’orgoglio, ha regalato al pubblico attento e appassionato giunto dalle città vicine per partecipare all’incontro. Il Sud, filo conduttore della produzione narrativa e giornalistica di Aprile, che ne è testimone nel solco di una controstoria destinata a contraddire gli stereotipi e i falsi miti che hanno da sempre accompagnato la storia dei meridionali, è un elemento fondamentale della sua biografia. Sino ai 23 anni, Aprile ha infatti vissuto a Taranto, ed esattamente nella palazzina posta di fronte all’impianto siderurgico dell’ILVA che, nell’immaginario di allora, sembrava volano di sviluppo economico, lavoro e ricchezza, prima che si prendesse coscienza della connessione tra l’industria e il prezzo troppo alto che si paga in termini di salute. Ma questa è una storia che conosciamo, perché ricorda da vicino quanto vissuto dal nostro comprensorio, nel momento storico  in cui è sorto il polo industriale i cui effetti, sotto la lente di ingrandimento degli ambientalisti da tempi lunghi, sono adesso all’attenzione di cittadini sempre più numerosi, protagonisti di quelle stesse storie di risveglio che Pino Aprile racconta nei suoi articoli e nei suoi libri.
Sono storie che descrivono l’inesorabile cambiamento in atto al Sud, terra in cerca di riscatto, sia dagli stereotipi che ne hanno condizionato la storia, sia da una condizione di asservimento ai colossi industriali e alla criminalità, verso un cambio di rotta che non passa solo da figure simbolo, i cosiddetti martiri civili, che siano magistrati che non si piegano, uomini di chiesa coraggiosi (anche nel nostro comprensorio ne abbiamo un esempio luminoso), commercianti che si rifiutano di pagare il pizzo o singoli cittadini stanchi di sopportare la puzza dei fumi inquinanti, ma che investe tutta la comunità, diventando lotta condivisa da centinaia di persone che si riuniscono in comitati e associazioni, e, quindi, si trasforma in rete sociale e culturale che rende possibile un futuro diverso.
Per tutte queste ragioni, Il Sud puzza. Storia di vergogna e d’orgoglio, presentato nell’aula consiliare luciese, è un libro che, come i precedenti di Pino Aprile, ha fatto discutere ed è destinato a far parlare di sé ancora molto; i cittadini del Sud, le loro speranze e le loro battaglie ne sono la sostanza: né italiani di serie B, né popolo abituato a lamentarsi senza agire, divengono protagonisti di una storia nuova, quella di chi non gira più la testa dall’altra parte per non vedere o si tura il naso di fronte alla puzza, ma affronta i problemi a viso aperto e, così, migliora la propria vita. E anche quella degli altri.  
Il Sud puzza è l’ultimo anello di una trilogia che riflette sulla storia, o meglio sulla controstoria, del Meridione, oggi considerato, nell’immaginario collettivo diffuso dai mass media e dall’opinione pubblica, come vera e propria zavorra del nord, nella contrapposizione tra le regioni settentrionali che producono ricchezza e un Meridione povero e sottosviluppato da cui si emigra, quasi vergognandosi se non si scappa dalla Sicilia o dalle altre regioni del Sud. Eppure, prima dell’Unità d’Italia, la condizione di questa nazione che oggi ci appare ancora spaccata in due, era esattamente all’opposto, con un Regno delle due Sicilie vera e propria potenza economica e un nord da cui si emigrava, anche se questo non lo leggeremo mai nella storiografia ufficiale. Da allora, è come se avessimo voluto punire il nostro Sud, mortificare la sua naturale vocazione alla bellezza e abbiamo accettato come cosa buona e giusta tutto quello che veniva dal Nord, compresa l’industria, che sembrava il miraggio di uno sviluppo che poteva renderci migliori, noi meridionali, figli di un dio minore, che solo se impariamo a fare come i settentrionali possiamo considerarci davvero “italiani”. Da tutti questi dati, per raccontare le cose da un altro punto di vista, parte l’indagine di Pino Aprile, una storia di vergogna e di orgoglio. Per non dimenticare che, come si legge tra le righe, il sogno di uno è utopia, il sogno di molti è una realtà che comincia.
Quella che Pino Aprile ha condiviso con il pubblico è, dunque, la storia di un risveglio, anzi di molti risvegli, di occhi che si sono aperti e di persone che non sono più disposte a sopportare. E sono molte le cose che non vogliono sopportare più, il ricatto “o salute o lavoro” che per decenni ha avvelenato Taranto nell’indifferenza generale, i veleni della “monnezza” proveniente da molte zone d’Italia e accumulata in Campania, veleni che si infiltrano nella terra, che uccidono il cibo e le persone, ma che arricchiscono la camorra e tutti quelli che fanno affari con la criminalità organizzata, il pizzo che bisogna pagare ai soliti noti per riuscire a lavorare. Ma la vergogna è solo uno dei sentimenti che attraversano il libro. C’è, tra i tanti, la fiducia, nel tentativo di coinvolgere sulla strada del cambiamento sia istituzioni troppe volte complici o assenti, sia le altre forze sane del territorio, così che la lotta di uno solo, o di un piccolo gruppo, possa diventare la lotta di tutti, come anche il comprensorio del Mela, sceso in un corteo fatto da migliaia di persone per rivendicare sicurezza, verità e rispetto per la salute umana e l’ambiente, sta sperimentando; c’è, dunque, un sentimento positivo di orgoglio, e di riscatto, che attraversa finalmente il Sud.La coscienza del fatto che “Non vogliamo morire complici. Non c’è altro modo di essere liberi”, comporta il sorgere di una nuova società meridionale in grado di imporre le proprie regole anche alle istituzioni, e al resto della nazione. 
Ci sono figure luminose, come quella di Lella Ottaviano, la donna di Ercolano che ha deciso di dire basta alla pratica comunemente accettata del pizzo, denunciando i camorristi e dando il via ad un processo che ha reso libera la città dalla cappa della criminalità organizzata. C’è don Maurizio Patriciello, diventato una guida per le associazioni che vogliono liberare la piana del Volturno dai veleni che l’hanno trasformata in un inferno, come don Palmiro Prisutto ad Augusta o don Peppe Trifirò ad Archi, impegnato da sempre nella lotta contro l’inquinamento industriale nella Valle del Mela. “Eroi civili” che hanno iniziato un percorso, prima da soli, poi seguiti da una comunità che ha preso a modello il loro esempio. Da territorio saccheggiato, colonizzato, offeso, disprezzato e persino deriso, usato come pattumiera del Belpaese, a terra che si risveglia e vuole riprendersi in mano il proprio futuro. Un futuro che, come ha ricordato Pino Aprile in chiusura, non possiamo più delegare, perché la responsabilità di ciò che è e che sarà non spetta ad altri, ma a ciascuno di noi. 

"No, non si sono svegliati perché hanno sentito la puzza, ma si sono accorti della puzza, perché si sono svegliati; per questo non la sopportano più. Scoprire di aver accettato di conviverci così a lungo ha suscitato vergogna. È un sentimento forte: se non ti distrugge, ti eleva. Chi si vergogna, o si nasconde, perché accetta l'idea di insufficienza che genera quel sentimento; o si riscatta, perché dimostra che quell'insufficienza non è vera. A capolinea della strada che comincia con la vergogna, c'è il suo contrario: l'orgoglio. E posso dirvi che c'è tanta gente in marcia, su quella via, a Sud: cominciano da soli, ma strada facendo, si uniscono, diventano comunità, fanno cose importanti, non accettano più di essere "meno": sono nuclei di società che cambia, recuperano un nuovo ordine, intrappolato fra il vecchio e il caos; e chiedono rispetto, equità. Anzi, lo pretendono.
Lo ripeto per chi non volesse capirlo: si sono svegliati, hanno sentito la puzza. Anche quella che si presenta in doppio petto, con la fascia tricolore."


mercoledì 12 novembre 2014

"Il Sud puzza. Storia di vergogna e d'orgoglio". Incontro con Pino Aprile

Si terrà venerdì 14 novembre alle 18, presso l’Aula consiliare del Palazzo socio-culturale di via Pietro Nenni, l’incontro con il giornalista e scrittore Pino Aprile, che, dopo Terroni, uscito nel 2010 e diventato un vero e proprio caso editoriale, e il successivo Giù al Sud, anch’esso a lungo in vetta alle classifiche, torna in libreria con Il Sud puzza. Storia di vergogna e d’orgoglio (Piemme, 2013), dedicato ancora una volta all’attualità scottante di un Meridione che tenta il riscattoLe ragioni di questa indagine appassionata, che apre una finestra su un Sud al di là dei luoghi comuni, con i suoi protagonisti e le sue storie di cronaca e di speranza, saranno il filo conduttore dell’incontro in programma a Santa Lucia del Mela. 
Il Sud puzza. Storia di vergogna e d’orgoglio, avvincente come un romanzo, è la storia di un risveglio, anzi di molti risvegli, di un riscatto sempre più vicino. Di occhi che si sono aperti su realtà inaccettabili, di persone che hanno potuto guardarsi le une con le altre, che si sono riconosciute e hanno deciso di fondersi in comunità. È la storia di una decisione che ne ha portate con sé molte altre, e che si riassume in un grido di protesta: “non vogliamo sopportare più”.
E sono molte le cose che non vogliono sopportare più, il ricatto “o salute o lavoro” che per decenni ha avvelenato Taranto nell’indifferenza generale, i veleni della “monnezza” proveniente da molte zone d’Italia e accumulata in Campania, veleni che si infiltrano nella terra, che uccidono il cibo e le persone, ma che arricchiscono la camorra e tutti quelli che fanno affari con la criminalità organizzata, il pizzo che bisogna pagare ai soliti noti per riuscire a lavorare.
Tra coloro che agiscono, ci sono figure di uomini e donne che rischiano, indifferenti al pericolo, al ricatto, alle minacce. Come Lella Ottaviano, commerciante, che per prima ha avuto il coraggio di denunciare i camorristi che esigevano il pizzo e che ha reso Ercolano una città libera, e don Maurizio Patriciello, diventato una guida per le associazioni che vogliono liberare la piana del Volturno dai veleni che l’hanno trasformata in un inferno, e Giuseppe Di Bello, tenente della Polizia provinciale in Lucania, la cui vita viene demolita per aver osato denunciare l’inquinamento di un lago, causato da infiltrazioni di petrolio.
Giornalista e scrittore, pugliese residente ai Castelli Romani, Pino Aprile è stato vicedirettore di «Oggi» e direttore di «Gente». Per la Tv ha lavorato con Sergio Zavoli all’inchiesta a puntate “Viaggio nel Sud” e al settimanale del Tg1, Tv7. È autore di diversi saggi, tra cui Elogio dell’imbecille, Elogio dell’errore e Il trionfo dell’apparenza, tutti pubblicati da Piemme, accolti con successo e tradotti in molti paesi. I bestseller Terroni, Giù al Sud e, adesso, Il sud puzza. Storia di vergogna e d’orgoglio, hanno fatto di Aprile il giornalista “meridionalista” più seguito in Italia e gli sono valsi molti premi, tra cui il Premio Carlo Levi nel 2010, il Rhegium Julii nello stesso anno e il Premio Caccuri nel 2012. Sempre per Piemme ha pubblicato nel 2013 il pamphlet Mai più terroni

lunedì 3 novembre 2014

SOS centro storico

Arte e degrado. Urge il recupero del cuore storico del paese
Stato di emergenza permanente
Crolli di calcinacci, muri pericolanti, pezzi di balconi e finestre pericolosamente in bilico. Abitazioni di cui rimangono solo le mura esterne, invase da una fitta vegetazione che, persino dentro il cemento di vecchie stanze vuote, ha messo saldamente radici. È questa la condizione in cui versano molti edifici, in gran parte abbandonati e disabitati, del centro storico luciese. 
Non si contano le segnalazioni da parte dei cittadini sul pessimo stato di tanti fabbricati, con la caduta, nei casi più gravi, di elementi strutturali che precipitano sulla strada sottostante, mettendo a rischio la sicurezza di chi passa. Abbandonato a se stesso, senza interventi strutturali che ne abbiano frenato il degrado, il centro storico luciese, uno dei più suggestivi e ricchi d’arte di tutta la provincia, non è mai stato oggetto di un piano organico di recupero e valorizzazione, sebbene, sulla carta, i programmi elettorali degli ultimi decenni lo abbiano sempre inserito tra le priorità. 

Che fine ha fatto il Piano urbanistico del centro storico?
L’aspetto più grave riguarda la mancata attuazione del “Piano urbanistico del centro storico”, previsto dal Piano regolatore generale e approvato in sede consiliare quattro anni fa, ma rimasto ancora nel cassetto. L’iter burocratico non è stato infatti ultimato, benché, per la sua redazione, già nel 2009 sia stato conferito un apposito incarico professionale. In attesa di concretizzarsi, di conseguenza, rimane anche il “Piano del colore”, approvato nella medesima delibera consiliare e finalizzato anch’esso alla riqualificazione del cuore pulsante dell’architettura cittadina.

L'ordinanza sindacale e gli obblighi della ristrutturazione
Dal palazzo comunale è arrivata intanto un’ordinanza rivolta ai proprietari degli edifici che versano in precarie condizioni di stabilità, con lesioni alla struttura portante, solai interni e di copertura crollati, parti esterne come mensole dei balconi, ringhiere e grondaie non perfettamente ancorate. Considerando il pericolo per la pubblica incolumità, come recita l’ordinanza, i proprietari sono tenuti alla messa in sicurezza di questi immobili a rischio, situati per lo più in pieno centro storico. Entro un termine perentorio, in scadenza a metà novembre, il sindaco Nino Campo ordina ai cittadini di provvedere a proprie spese alla messa in sicurezza dell’edificio di cui sono possessori, e, nelle more dell’esecuzione dei lavori, che dovranno essere documentati con una relazione tecnica, di provvedere urgentemente al transennamento e all’eliminazione di tutte le parti a rischio crollo.

Valorizzazione e recupero, strategie per il futuro
L’ordinanza, che tutela il Comune da ogni responsabilità, rappresenta tuttavia solo il rinvio di una urgenza più volte oggetto del dibattito politico e delle richieste dei cittadini, ovvero il pieno recupero del vasto centro storico luciese, del quale fanno parte palazzi storici, monumenti di pregio, strade e viuzze che custodiscono la memoria storica del territorio, anche ai fini della sua valorizzazione turistica. Una prima mappatura, fa sapere il sindaco Campo, si potrà avere con il censimento delle strutture a rischio, necessario per individuare le strategie di salvaguardia. Ma anche per incentivare la ristrutturazione e, di conseguenza, la vivibilità del centro storico, con iniziative che, già attuate altrove, hanno consentito ad esempio la vendita delle vecchie case al prezzo simbolico di un euro.