martedì 30 ottobre 2012

Elezioni regionali, il voto a Santa Lucia del Mela


Katia Trifirò - "Un siciliano su due non è andato a votare. È quello che in regione ci lavora già" (Spinoza.it). Potremmo subito cavarcela con una battuta, se in ballo non ci fosse il destino di un'isola nota per la celebre affermazione gattopardesca "tutto cambia perché nulla cambi", con cui Tomasi di Lampedusa siglava il destino amaro dei siciliani, antropologicamente destinati ad adattarsi ai cambiamenti, nella convinzione che questi non comprometteranno mai in alcun modo le posizioni di privilegio di certe classi. Ed è proprio questa la sfida che, in un clima di comprensibile disillusione, si pone immediatamente a chi ci governerà. Se il neo-presidente Crocetta, scelto da quella minoranza di elettori il (30, 48%) che lo hanno votato sperando finalmente in una azione di buon governo - anche per il suo passato di sindaco antimafia -, non dovrà disattendere le aspettative di questi ultimi e di tutti gli altri che, ormai troppo delusi, a votare non ci sono neppure andati, non meno arduo sarà il compito che si presenta al Movimento 5 stelle, tenuto a difendere la sua diversità dalla "casta", ovvero la principale ragione per cui in tanti, soprattutto tra i giovani, hanno accordato fiducia ai suoi candidati. Tanti nomi nuovi hanno conquistato uno scranno a Palermo, favoriti dal crollo dei partiti tradizionali - in primis il Pdl -, la composizione dei 90 deputati mantiene, tuttavia, nomi eccellenti della vecchia guardia: e sarà questo complesso equilibrio, oltre alla ripartizione della nuova assemblea, a determinare le alleanze e i patti di governabilità. 
Non dissimile dal quadro generale l'andamento del voto tra i luciesi. Con una media leggermente più alta di quella regionale, a Santa Lucia del Mela si sono recati alle urne il 54,23 % degli aventi diritto al voto. Un risultato che, nello standard di quanto avvenuto in tutta la Sicilia, segnala l'attesa sfiducia nei confronti dei palazzi del potere, incanalando un malcontento teso  a sfociare nel non voto, accompagnato da una significativa percentuale (poco meno del 10%) di schede bianche o nulle.
Non c'è stato, tuttavia, il boom dei cosiddetti "grillini" che, mentre a livello siciliano diventano il primo partito, in paese si sono fermati al 7% delle preferenze (un totale di 154). Con 777 voti, le liste dei partiti collegati a Crocetta convincono invece il 35% degli elettori; tre punti più giù la galassia Musumeci e, a seguire, i gruppi a sostegno di Miccichè (15%), Marano (5%), De Luca (2%). Poche manciate di voti, come prevedibile, per tutti gli altri. Nel dettaglio delle singole espressioni di voto, i principali partiti che resistono sono Pd (547 voti),  Pdl (319), Mpa (152), Udc (144), Grande Sud (131). 
E proprio entro Pd e Pdl si collocano i candidati più votati. Si tratta di Franco Rinaldi, punto di riferimento del Pd cittadino, che conquista 273 voti e arriva all'Ars; del maresciallo in servizio a Santa Lucia del Mela Davide Paratore (259); di Santi Formica, altro volto noto della politica locale, eletto nelle fila del Pdl (200); di Giuseppe Cocuzza, il sindaco filippese recentemente passato al Pd (107). 
Messina conquista, in tutto, 11 seggi: oltre a Rinaldi e Formica, ci sono Bernadette Grasso (Grande Sud), Nino Germanà (Pdl), Valentina Zafarana (M5S), Marcello Greco (Crocetta presidente), Carmelo Currenti (Musumeci presidente), Giuseppe Picciolo (Partito dei Siciliani), Giuseppe Laccoto e Filippo Panarello (Pd), Giovanni Ardizzone (Udc). 
Tra le matricole di Sala d'Ercole ci saranno ben 15 deputati grillini, tra cui appunto la messinese Zafarana. Tra i "vecchi" della politica, non ce l'hanno fatta il deputato di Fli Carmelo Briguglio, l'ex sindaco di Messina Giuseppe Buzzanca, del Pdl, l'ex sindaco di Milazzo Lorenzo Italiano, di Grande Sud. 

sabato 27 ottobre 2012

Frane e maltempo. A che punto siamo?


La strada si è staccata nei pressi di contrada Zurrà
Katia Trifirò – Sono passati quasi dodici mesi e il binomio maltempo e frane, al quale la cronaca ci ha tristemente abituati, in moltissimi casi continua a rimanere una realtà senza soluzione, nonostante le ripetute richieste di intervento urgente partite dagli uffici comunali. Sebbene le temperature stagionali sopra la media stiano tenendo lontane le piogge d’autunno, è bollino rosso per diverse aree del territorio luciese, già funestate dall’eccezionale evento atmosferico dello scorso novembre. 
Se ci spostiamo dal centro urbano, colpito in più quartieri, al versante della montagna, particolarmente grave appare qui la condizione della strada provinciale 65, adibita a collegare il paese alla contrada San Nicola e interessata un anno fa da numerose frane, che ne hanno comportato anche la parziale interruzione. Dopo i primi lavori per il ripristino della viabilità, nessun altro intervento è stato effettuato, per cui si teme che alle prime avvisaglie di maltempo si possano verificare ulteriori danni strutturali, che potrebbero portare alla chiusura totale della strada. 
Particolare della strada, ridotta ad una sola corsia
Il punto più a rischio è in prossimità della contrada Zurrà, dove una grossa frana ha causato il cedimento di una vasta parte dell’arteria stradale, con conseguente limitazione del transito su un’unica carreggiata. Ulteriormente compromesso dalle prime piogge di settembre, questo tratto di strada si trova sul punto di cedere completamente, interessando anche il costone lato monte. 
A pagarne le conseguenze, sarebbero in questo caso tutti i luciesi che si recano quotidianamente nelle varie contrade della montagna, in cui esistono non soltanto terreni coltivati, ma anche fabbricati ad uso abitativo. Sulla stessa strada transitano, inoltre, numerosissimi operatori del settore della pastorizia, che sono obbligati a questo unico passaggio per raggiungere le proprie aziende, così come avviene per gli uomini del corpo forestale. Anche una parte dell’economia locale, quindi, finirebbe pesantemente danneggiata, come denunciato più volte, in attesa di un riscontro da parte della Provincia.  

venerdì 26 ottobre 2012

Operatori turistici e giornalisti a Santa Lucia del Mela, sulle rotte dell'arte e dei sapori

Gli ospiti nell'azienda Parra

Katia Trifirò – Fa tappa a Santa Lucia del Mela il tour di sette giorni per giornalisti e operatori turistici dedicato alla scoperta  degli itinerari rurali della provincia di Messina, tra i Nebrodi e i Peloritani, con l’obiettivo di confezionare pacchetti che comprendano storia, archeologia, natura e paesaggio. Gli ospiti, dopo una cena a base di prodotti tipici a cura di Francesco Parra, hanno potuto passeggiare nella città by night, tra lo scorcio suggestivo del Castello e i tesori nascosti della Cattedrale, guidati da Libero Rappazzo. 
L’iniziativa, realizzata dall’assessorato regionale alle risorse agricole e alimentari nell’ambito del Programma di sviluppo rurale 2007-2013, punta a rilanciare l’agricoltura e le campagne siciliane attraverso misure di formazione e informazione, valorizzando le aziende agricole multifunzionali, che non si occupano solo di produzione ma che, come suggerito dall’Unione europea, decidono di diversificare la propria attività con la ricettività (agriturismo), l’educazione alimentare ai ragazzi in età scolare (fattorie e aziende didattiche), la pet-therapy e tutti gli altri servizi legati alla campagna. 
Tra i comuni coinvolti anche Milazzo, dove è stato organizzato il “borsino”, occasione di incontro tra operatori turistici e aziende agrituristiche della provincia di Messina, con la partecipazione di altre agenzie di viaggio siciliane che si occupano di incoming. Tra gli ospiti del tour, la giornalista spagnola Carmen del Vando Blanco, consigliera dell’associazione Stampa estera in Italia, i fotografi Claudio Brufola e Antonio Del Sesto, Laura Lanza del tour operator inglese The Italian Experience, Giovanni Ciancio della  Ipparitravel di Vittoria, Loredana Ceruso della Virtus Viaggi, Massimo Damante della Mesotour e Gianfranco Ringo della Acitour di Palermo. Infine, grazie alle riprese di Salvo Militello, al termine del progetto sarà realizzato un dvd che documenta l’intero viaggio e che verrà proiettato in occasione di fiere di settore e iniziative di stampo agrituristico. 
Il circuito è partito dal Distretto di Agrigento per arrivare al Belice e, poi, spostarsi su Trapani e Palermo, Enna e i distretti di Caltanissetta, Etna e Calatino. Dal 12 al 18 sarà la volta dei distretti di Ragusa e Siracusa, tra il barocco e i luoghi di Montalbano, mentre l’ultimo tour, sulle Madonie e i Monti Sicani, punterà sulla promozione delle aree interne dell’isola.
Sul sito dell'agriturismo Parra la photogallery completa dell'evento: http://www.agriturismoparra.it/foto-promotori-turistici-2012/indice.php

lunedì 22 ottobre 2012

Antichi mestieri luciesi. Quando il passato non è una terra straniera


di Tiziana Parisi


Quando un popolo non ha più senso vitale del suo passato si spegne. 
La vitalità creatrice è fatta di una riserva di passato. 
Si diventa creatori anche noi, quando si ha un passato. 
La giovinezza dei popoli è una ricca vecchiaia.


(Cesare Pavese, "Il mestiere di vivere", 6 luglio 1939).


Le parole di C. Pavese sottolineano l'importanza, per ogni comunità, della dialettica costante tra vecchio e nuovo, tra passato e presente. Per riuscire a comprendere a fondo il presente, infatti, occorre indubbiamente conservare un'adeguata memoria storica, la quale non può rinunciare al tentativo di tramandare, tra le altre cose, notizie riguardanti le antiche attività lavorative presenti nel proprio territorio. Nell’ambito luciese molti antichi mestieri, in seguito all'avvento del consumismo, che nel corso degli ultimi sessant'anni ha 
modificato le esigenze del mercato, sono stati del tutto abbandonati o risultano in procinto di scomparire.
La bottega del mastro ramaio
Tra quelli che, seppur rari, vengono svolti ancora oggi da perseveranti artigiani luciesi, vi è l'antico mestiere del mastro ramaio
Il Sig Giovanni Mercadante, infatti, ottantatreenne, seppur ormai in pensione da diversi anni, si reca ogni mattina nella sua bottega, situata nella parte alta del paese, per continuare a creare oggetti interamente realizzati a mano, senza l’ausilio di alcun macchinario, non più per scopi commerciali, ma soltanto per piacere personale. Egli afferma di aver imparato il mestiere da piccolo, aiutando il padre: la sua famiglia, infatti, svolge questa attività da 4 generazioni. Dopo il servizio militare, si sposò e si mise in proprio, cominciando a produrre, e talvolta a riparare, caldaie, pentole e campane ad uso pastorizio.
Una campana ad uso pastorizio in fase di lavorazione
“Più volte mi è capitato di ricevere nella mia bottega dei ragazzi intenti a preparare la loro tesi di laurea - afferma il mastro ramaio -, i quali hanno seguito passo passo le mie lavorazioni. Ma, purtroppo, dopo di me a S. Lucia non ci sarà più nessuno a seguire le mie orme. Mio figlio, infatti, svolge un altro lavoro, e nessun giovane – continua con un po’ di disappunto - ha voluto imparare da me; oggi vogliono tutti lavorare con i piedi sotto il tavolino! Di mastri ramai più vicini a noi possiamo trovarne attualmente soltanto uno a S. Angelo di Brolo e uno a Randazzo”.
Mulino a pietra
Un altro antico mestiere, che permane a stento sul nostro territorio, è quello svolto dalla Sig. Carmela Coppolino, 84 anni, detta, non a caso, "a mulinara". Ella racconta che fin dall’età di 15 anni cominciò ad aiutare il suo futuro marito, che possedeva un mulino a pietra, azionato dalla pressione dell’acqua, il quale fu trasferito negli anni in diverse sedi,per poi essere trasformato, una volta giunto all’interno del centro abitato, in seguito al fenomeno dell’urbanesimo, in mulino ad alimentazione elettrica. Fu inoltre acquistato un secondo mulino, a cilindri, messo in funzione contemporaneamente al primo, a causa dell’aumentata richiesta da parte degli utenti di un prodotto più raffinato.
Particolare di un mulino a cilindri
“Da circa una decina d’anni, però - racconta la Sig. Coppolino - ho assistito ad un’inversione di tendenza; la gente, infatti, vuole tornare ad usare una farina più grezza, preferendo così la lavorazione a pietra, convinta della maggiore salubrità di questo prodotto. Mi sento inoltre di consigliare, a chi volesse preparare il pane in casa, di usare il lievito-madre invece dei moderni lieviti chimici, in quanto esso ha una fermentazione limitata nel tempo, per cui non causa disturbi digestivi. Per il futuro prevedo un ulteriore ritorno alla lavorazione casalinga del pane, soprattutto a causa dell’aumento dei prezzi dei generi alimentari a cui assistiamo continuamente”.
Ma, a scapito di qualsiasi preconcetto, che vedrebbe soltanto persone di una certa età svolgere questi vecchi mestieri, vi è la bottega di Giuseppe Cirino, 26 anni, calzolaio (in dialetto locale "scapparu"). Ma cosa spinge un ragazzo della sua età ad intraprendere questo tipo di lavoro?
“Fin dall’età di 12 anni – racconta il giovane - ho lavorato come apprendista presso diverse botteghe, per poi decidere di mettermi in proprio, spinto, oltre che dal sapore nostalgico trasmessomi da questa attività, anche dal fatto che non avrei avuto molta concorrenza, data la sua attuale rarità nel nostro ambito cittadino. Ho voluto però apportare dei cambiamenti, a cominciare dal tipo di ambiente, che ho reso più luminoso e accogliente rispetto al passato, e continuando con i materiali e le tecniche, che andavano necessariamente rinnovati. Devo ammettere di aver avuto un buon riscontro tra i miei concittadini”. 
Inutile dire che un’eventuale scomparsa di questi antichi mestieri produrrebbe un ingente danno culturale, così come è avvenuto in seguito alla totale sparizione di molti di essi, presenti anticamente sul territorio luciese. Eccone alcuni esempi:
- u franninaru: vendeva pezzi di stoffa. 
- u siggiaru: costruiva e riparava sedie. 
- l’umbrillaru: riparava gli ombrelli. 
- i carbunara: accendevano un’alta catasta di legna ricoperta da terriccio, per poi ricavarne, dopo 
alcuni giorni, il carbone. . 
- u mastru firraru (maniscalco): si occupava di mettere gli zoccoli agli asini, ecc... 
- u stagninu: produceva e riparava oggetti in latta, lamiera e stagno. 
- u buttaru: costruiva le botti. 
- u baddunaru: produceva i “badduni”, cioè una sorta di selle per gli asini, cavalli, ecc.. 
- i nuvaroli: raccoglievano la neve in un fosso, la pressavano per farla diventare ghiaccio, per poi tagliarla a blocchi; poi li caricavano sui muli e li portavano in paese per venderli (fungevano da frigoriferi). 
- u banniaturi: diffondeva a voce notizie da parte del comune o di privati cittadini, introducendole con l’espressione: "Sintìti,!!!sintìti!!!" 
- l’ugghiularu: vendeva l’olio. 
- u curàtulu: a differenza di oggi, anticamente aveva molti poteri, simili a quelli del feudatario medievale; egli prendeva un enorme numero di decisioni riguardanti bestiame e terre, dove lavoravano i contadini, ai quali sottraeva la parte migliore del raccolto. 
- u cantastorie: intratteneva grandi e piccini con i suoi racconti. Spesso stazionava “nto buggu” (l’attuale P.zza Margherita). 
- il venditore di sarde: amava “pubblicizzare” i suoi prodotti con la frase ”Prima i soddi e poi i sardi!”. 
- u cufinaru: intrecciava ceste, cestini, ecc…(Oggi qualcuno ancora permane, ma non può considerarsi un vero e proprio lavoro). 
- u sinsàli: era un intermediario nelle vendite di proprietà private, da cui ricavava delle percentuali. 
- u pizzularu: raccoglieva le radici dell’erica, per poi rivenderla a chi produceva pipe, cruscotti per automobili e parquet. 
Coscienti del ruolo che il lavoro ha sempre avuto all'interno della società, e cioè quello di condizione essenziale per la sua stessa sopravvivenza, oltre che di supporto dei rapporti umani ed economici fra i suoi componenti, alcuni di questi vecchi mestieri vengono fatti rivivere egregiamente nel corso di varie manifestazioni organizzate in diversi periodi dell'anno nel nostro paese. I prossimi eventi in cui tornerà in vita, sebbene per pochi giorni, parte di questo prezioso patrimonio lasciatoci dai nostri padri ed antenati, sono il November Fest, che si svolgerà domenica 4 Novembre presso il Parco Urbano di S.Lucia del Mela, e, sempre nella stessa cornice, la IV edizione del Presepe Vivente, che prenderà il via il giorno di Natale, per poi ripetersi nelle date prestabilite. Occasioni queste per avvicinare i piccoli, sfruttando così il loro enorme potenziale educativo, gli adulti e persone di ogni età, che abbiano voglia di rivivere uno spaccato culturale non indifferente.

domenica 21 ottobre 2012

5a Giornata di Campionato: La Promende stravince in casa contro il Desport Gaggi


Filippo Alibrando – La Promende, in seguito alla sconfitta rimediata contro lo Sporting Taormina, si riscatta in modo più che autorevole davanti il pubblico di casa sconfiggendo per 4 a 1 il Desport Gaggi allo stadio “Gaetano Scirea” di S. Lucia del Mela.  Protagonista assoluto della gara è stato il bomber giallorosso Claudio Cerasuolo, che firma il poker che portano i 3 punti in casa Promende. Ottima prestazione comunque di tutta la squadra, che ha mantenuto un possesso palla superiore a quello della squadra ospite. La partita, arbitrata dal sig. Fortunato della sezione di Palermo, è stata esempio di correttezza, visto l’esiguo numero di cartellini esposti dal direttore di gara. Col risultato di oggi la squadra luciese si piazza all’ottavo posto in classifica.



Le formazioni:

Promende: Foti, Nobile, Lipari, Barca, D’Amico, Genovese, Burrascano (C), Granata, Cerasuolo, Cirino, Floramo.  A disp. Impellizzeri, Giunta, Casella, Ficarra M., Gitto, De Luca, Maimone.      All. Granata
Desport Gaggi: Adornetto, Trimarchi, Grigoli, Barresi, Brunetto, Andò, Vaccaro, Pafumi, Campo, Iervolino, Messina (C).   A disp. Paladino, Ciancio, Lo Iacono, Sturiale, Muzzetta, Manitta, Sapienza.      All. Sapienza
Direttore di gara: Fortunato di Palermo

La cronaca della gara:

1’ Sugli sviluppi di un’azione il Gaggi ottiene un calcio d’angolo. Dopo la battuta l’arbitro ferma il gioco per un fallo in area.
4’ Cerasuolo, servito da Granata, tira dalla destra della porta avversaria ma non centra lo specchio.
8’ Conclusione dalla tre quarti di Cirino che impegna Adornetto. Risultato fermo sullo 0-0
16’Calcio di punizione per la Promende. Granata crossa in area ma il pallone finisce sul fondo.
25’ La partita è ferma sullo 0-0. La maggioranza delle azioni si ferma a centrocampo, per entrambe le squadre.
29’ Calcio di punizione per il Desport. L’arbitro vede un fallo vicino alla bandierina del corner. Il cross viene respinto ma Grigoli rilancia in area e trova Campo che con una splendida rovesciata costringe Foti alla splendida parata in tuffo. L’arbitro però ferma il gioco per un fallo in attacco.
31’ GOL PROMENDE!!! Cerasuolo approfitta di un’incertezza di Brunetto che passa debolmente ad Andò. Cerasuolo si avventa sul pallone e non lascia scampo ad Adornetto. Risultato sull’1 – 0.
35’ Il Desport cerca di rientrare in partita con un’azione pericolosa con Iervolino e Pafumi. Il diagonale rasoterra viene parato da Foti.
40’ GOL PROMENDE!!! Ancora Cerasuolo batte di testa Adornetto, mettendo in rete un cross di Nobile dalla destra.
45’ Il primo tempo finisce senza alcun minuto di recupero. Il risultato parziale è 2-0 per la formazione di mister Granata.

2° Tempo

1’ Sostituzione Desport: Esce Vaccaro, entra Lo Iacono
3’ Il Desport pressa per otterene il gol che permette di rientrare in partita: Grigoli tira dal limite dell’area ma manca non impensierisce il portiere Foti.
8’ Incursione dalla sinistra di Cirino che ottiene un corner su deviazione di Barresi
9’ D’Amico rilancia debolmente la rimessa dal fondo. Il pallone arriva a Iervolino che si dirige verso la porta ma lo stesso D’Amico rimedia all’errore commesso.
11’ Iervolino tira dopo una serie di azioni del Desport Gaggi, ma il pallone è alto sopra la traversa.
12’ Sostituzione Promende: Esce Burrascano, entra Casella.
14’ Sostituzione Desport: Esce Iervolino, entra Sturiale.
16’ GOL PROMENDE!!! Cerasuolo segna la sua tripletta  scattando dalla linea dei difensori e insaccando con un pallonetto l’ottimo assist di Granata.
25’ Foti respinge un tiro pericoloso di Barresi. Cirino però non riesce a innescare il contropiede.
26’ Sostituzione Promende: Esce Granata, entra Gitto
36’ GOL PROMENDE!!! Cerasuolo è in gran forma e si vede. Il bomber batte ancora una volta Adornetto, firmando così il poker.
37’ Sostituzione Promende: Esce Cirino, entra Maimone
38’ Sostituzione Desport: Esce Campo, entra Muzzetta.
40’ GOL DESPORT!!! Lo Iacono insacca al volo un cross di Muzzetta, firmando così il gol della bandiera
45’ Calcio di punizione per il Desport ma non produce pericoli.
45' Il secondo tempo si chiude qui. La Promende batte il Desport Gaggi per 4-1



Beatificazione Mons. Antonio Franco, concluso l'iter in Vaticano


Katia Trifirò – Si è concluso con esito positivo l’ultimo decisivo passo nel processo di beatificazione che riguarda la figura e l’opera del “Venerabile Servo di Dio” mons. Antonio Franco, il prelato luciese morto in odore di santità il 2 settembre del 1626. A comunicarlo, direttamente dalla sede vaticana, il Postulatore Luigi Porsi, che segue lo stato di avanzamento del processo presso la Sacra congregazione per le cause dei Santi. 
Come annunciato da mons. Porsi, e reso noto dal parroco Raffaele Insana e dal Comitato luciese per la causa di beatificazione, è stata infatti riconosciuta una guarigione miracolosa attribuita alla intercessione di Antonio Franco, propedeutica alla conclusione della causa e già attestata da un’apposita commissione medica. Il riconoscimento del miracolo, avvenuto in seno al Collegio cardinalizio, apre così via libera alla Bolla papale che darà i crismi dell’ufficialità al titolo di “Beato” acquisito da mons. Franco presso il popolo, in virtù di una devozione profonda e lunga quattro secoli.
Dopo Roma, toccherà alla chiesa locale farsi carico dell'atto conclusivo della causa di beatificazione, che, verosimilmente, potrebbe essere celebrata entro i primi mesi del 2013, secondo quanto verrà deciso dall'arcivescovo Calogero La Piana.
Il culto di mons. Franco ruota storicamente attorno alla comunità luciese, sebbene sia diffuso anche altrove, come verificabile da documenti d'archivio (http://www.archivioluciese.blogspot.it/2012/10/la-devozione-dei-luciesi-per-mons.html). 
Il corpo incorrotto del “Servo di Dio” è ancora oggi oggetto di venerazione nella Basilica Cattedrale, dove è custodito all’interno di una teca di cristallo visitata quotidianamente dai fedeli. Non si contano i racconti di grazie ricevute per sua intercessione e legate anche al celebre cilicio - anch'esso in Cattedrale -, con cui egli era solito mortificare la carne, in segno di espiazione per i peccatori.   
Napoletano d’origine, Cappellano reale presso la corte di Filippo III a Madrid, Antonio Franco fu designato nel 1616 Cappellano maggiore del Regno di Sicilia, al cui ufficio era connesso anche quello di Abate e Prelato ordinario della “Prelatura Nullius” di Santa Lucia del Mela. Fece qui il suo ingresso un anno dopo, confermato dalla Santa Sede, cui la Prelatura Nullius era soggetta sin dalla sua istituzione da parte di Federico II, nel 1206.
Pubblicato l’anno scorso, il decreto sulle “virtù eroiche” di Antonio Franco, stilato a Roma, ne ribadisce non solo l’intransigenza e la purezza dell’attività pastorale, dedicata agli ultimi, ma anche le doti di pastore “illuminato”. Basti pensare alle azioni di riforma delle istituzioni ecclesiali, sull’esempio di Carlo Borromeo, e all’attenzione per le condizioni degli agricoltori siciliani, ribadita emanando vari decreti contro gli usurai. 
La fama di uomo santo, conquistata in vita, spinse i fedeli sin dagli anni immediatamente successivi alla sua morte a tentare la causa di beatificazione, che oggi, dopo innumerevoli ostacoli, principalmente legati alla difficoltà di ricostruzione documentale, è ormai prossima alla conclusione. 

mercoledì 17 ottobre 2012

Cento anni...e non sentirli

Katia Trifirò - Un’avventura lunga cento anni. Potrebbe essere questa la formula che racconta la vita di Giuseppe Teatino, classe 1912, che ha celebrato un compleanno da record insieme a parenti e amici accorsi per festeggiarlo. Accanto a lui l’inseparabile moglie Giuseppa, sposata quasi sessant’anni fa, i due figli Carmelo e Alfredo e tanti nipoti, arrivati persino dal Canada per l’occasione. 
Nella lunga vita di Giuseppe, che ha attraversato due guerre, molti gli episodi che meritano un posto speciale nell’album dei ricordi. Come quelli, ancora vividi, dei dieci faticosi anni trascorsi in Africa, al tempo della giovinezza, dove arriva nel 1936 e dove conosce anche l’esperienza di prigioniero di guerra in campo inglese, tra l’Abissinia e il Kenya, come tanti altri italiani all’epoca del colonialismo. Poi, il rientro in nave nell’Italia della ricostruzione post-bellica e il sogno di una famiglia. 
La memoria storica si intreccia ai ricordi privati, alla sua storia d’amore con la moglie, alla vita in campagna. E, ancora oggi, la voglia di scherzare e di progettare il futuro, prima di spegnere cento candeline, accompagnate dai cento colpi di festosi fuochi d’artificio. 


Un momento della festa con la moglie, i figli, la nuora, le nipoti 


Gli auguri del sindaco Campo

Con le piccole Martina e Vanessa

L'ora della torta

Italia, oggi. Non è un paese per giovani?



Filippo Alibrando - Crisi. È questa la parola che da circa 2 anni si sente ripetere ogni giorno ovunque ci si sposti. Quella che stiamo vivendo è la peggior situazione economica dal 1929, anno in cui crollò la borsa di Wall Street. Ma se allora vennero attuate politiche di riparazione che fecero risollevare animi e mercati, la situazione attuale sembra essere molto più problematica, considerando che gli effetti della crisi vengono principalmente assorbiti dai giovani.
Se il problema riguarda tutta l’Europa, quanto è grave la situazione italiana? Qui da noi sembra assistere ad un corso politico che non fa altro che tamponare le criticità, senza tuttavia alcuna garanzia di riuscita. Un paese come il nostro, se non punta essenzialmente sui giovani, dimostra di essere stantio ad ogni forma di crescita e privo di ogni ragionamento logico.
I dati a riguardo parlano assolutamente chiaro. Secondo il “Corriere della Sera”, nell’arco del triennio 2008–2011 in Italia si è andati incontro ad una forte diminuzione dell’occupazione giovanile, con la perdita del posto di lavoro da parte di circa un milione e 54 mila giovani. Ma anche il divario fra Nord e Sud, tradizionalmente cartina di tornasole per misurare due diverse condizioni che hanno caratterizzato la nostra storia economica, tende a scomparire, visto che il regresso è ormai abbastanza omogeneo.
Ma se questi sono i dati riguardanti le medie nazionali, al confronto con quelle europee la situazione appare tutt'altro che incoraggiante. Secondo l'ultimo rapporto Censis, l’impiego dei giovani tra i 15 e i 24 anni è del 20,5%, mentre quello dei giovani tra i 25 ei 29 anni è del 58,8%. In Europa le statistiche sono ben più alte, con rispettivamente il 34,1% e il 72,2%. Molto spesso, però, il semplice fatto che un giovane abbia un lavoro retribuito più o meno equamente non esclude una condizione di disagio del giovane stesso. Dai dati Censis si evince infatti che l’Europa preferisce licenziare (dove vi si presenti l’effettiva necessità) chi è da più tempo impiegato. La situazione italiana invece è paradossalmente del tutto opposta, visto che la maggior parte delle persone ad essere licenziate hanno età inferiore ai 35 anni.
Vedendo questa situazione, molti affermano che “l’Italia non è un Paese per giovani”, ma questo non è del tutto vero considerando che l’Italia potrebbe esserlo se solo si attuassero delle politiche più ragionate che guardino al futuro di una paese in cui le nuove generazioni hanno voglia di migliorarlo, ma semplicemente non sono nelle condizioni di farlo.
Un altro fattore in cui per l’Italia è semaforo rosso, è la sincronizzazione scuola-lavoro. Secondo le ricerche Istat, anche se la maggioranza dei giovani trova occupazione in un ambito professionale inerente al proprio corso di studi, vi è ancora una considerevole parte di giovani, ben il 20%, che non è ancora nella possibilità di esercitare il lavoro per il quale è preparato.
Tutte queste note dolenti non sono altro che ferite difficili da colmare per il Bel Paese. Un giovane, al termine del proprio corso di studi, laurea, diploma o altro titolo che sia, di norma dovrebbe trovarsi di fronte numerose strade da scegliere per realizzare il proprio futuro. Al momento in cui ci troviamo questa prospettiva è molto ridotta, e la conferma è data dall’emigrazione di molti giovani all’estero, per tentare di garantirsi un’istruzione o un’organizzazione lavorativa migliori di quelle italiane. Se in paesi come l’Inghilterra o la Svizzera vi è una maggiore possibilità di poter realizzare la propria vita, perché in Italia no!?
Vivere in un clima di confusione generale, dove c’è chi ti imputa di essere “bamboccione”, o ti dice di non abituarti al posto fisso perché è “monotono”, è davvero complicato in quanto non si hanno garanzie vere per il futuro. Sognare è un verbo che ormai molti non sanno più coniugare: non per ignoranza, ma perché oggi si deve guardare in faccia la realtà, vedendo cosa è fattibile e cosa meno e per un giovane questa è forse la sconfitta più pesante.
Steve Jobs è stato forse l’ultimo a  praticare continue iniezioni di fiducia verso i giovani. In una delle sue ultime presentazioni alle sue eccellenti invenzioni disse: “Non lasciate che il rumore delle opinioni altrui offuschi la vostra voce interiore. E, cosa più importante di tutte, abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione. In qualche modo loro sanno che cosa volete realmente diventare. Tutto il resto è secondario”.
Parole che per un giovane dovrebbero essere pane quotidiano, ma che attualmente sembrano solo utopia… 

domenica 7 ottobre 2012

Geo-tour sui monti luciesi, tra natura e ricerca

Il gruppo di specialisti durante il tour sui Peloritani
Katia Trifirò – Conoscere le caratteristiche geologiche del territorio per la conservazione della natura e del paesaggio, promuovendo un modello di gestione culturale che ne valorizzi le specificità. Anche questo tema, fra i tanti, è stato affrontato in occasione di un tour scientifico che ha portato un gruppo di specialisti lungo la catena Peloritana, estesa su un’area importante del territorio luciese. Oggetto del tour, la “geo-diversità” che rende unico il patrimonio geologico e morfologico di Santa Lucia del Mela, da preservare in un sistema integrato che, anche in chiave turistica, ne comprenda le peculiarità storico-culturali.
L’escursione ha riguardato, oltre a quello luciese, i comuni di Fondachelli Fantina e Novara di Sicilia, con il patrocinio della Regione Siciliana e della Provincia di Messina. A guidarla, nell’ambito del gruppo di ricerca sulla “Geologia del Cristallino” dell’ateneo messinese, la prof. Antonia Messina, in collaborazione con i professori Fabio Lentini e Serafina Carbone dell’Università di Catania e con la dott. Elisa Macaione dell’Università di Messina. Tra i partecipanti, ricercatori e studenti dell’Area di Scienze della Terra provenienti da diverse sedi universitarie, anche internazionali, insieme ad una delegazione di Geologi della Regione Sicilia e alcuni Botanici, tra cui il Presidente del Comitato Tecnico-Scientifico della “Proposta Parco dei Peloritani” Dr. Giuseppe Giaimi.
L’iniziativa è stata promossa in occasione dell’86° Congresso Nazionale della Società Geologica Italiana, che si è svolta in Calabria. Tra i temi di ricerca presentati, quello del giovane studioso luciese Rosario Torre, dedicato al ruolo della geo-diversità nell’evoluzione storica del territorio di Milazzo e Santa Lucia del Mela.

giovedì 4 ottobre 2012

La partecipazione dell'ass. Antiche Torri al convegno tenutosi al castello di Milazzo


La delegazione nel tragitto verso il Castello di Milazzo (sullo sfondo S.Lucia del Mela)
Antonella Alibrando - Domenica 23 settembre una delegazione dell’associazione Antiche Torri è stata invitata a prendere parte al convegno Federico II tra Medioevo e modernità, evento culturale ideato e curato da Legambiente del Tirreno in collaborazione con la Compagnia del castello di Milazzo.
Nel suggestivo scenario della cittadella fortificata, partendo dal vecchio duomo il corteo si è snodato per i viali fino all’ex Monastero delle Benedettine, dove si è parlato dell’importante figura del sovrano straordinariamente moderno per l’epoca che non a caso venne chiamato lo Stupor Mundi.
Al convegno sono intervenuti: Giovan Giuseppe Mellusi, Bartolo Cannistrà, Federico Martino ed Enzo Colavecchio di Legambiente Milazzo.
Federico II di Svevia è stato un uomo molto astuto con un forte carisma che ha saputo portare innovazioni artistiche e culturali nel suo regno anche se a volte questi suoi atteggiamenti entravano in contrasto con il papato. Si è discusso oltre che della crociata maledetta anche del privilegio della Prelatura Nullius che l’imperatore concedette alle terre luciesi quando decise di staccarle dalla diocesi di Patti e renderle dipendenti direttamente alla Santa Sede, privilegio all’epoca unico al mondo che gli creò diversi asti con il vescovo di Patti.

4 Ottobre: ricorrenza in onore di S. Francesco d'Assisi

San Francesco

Antonella Alibrando / Santo Arizzi - Il 4 ottobre, la Chiesa ricorda S. Francesco d’Assisi, uno dei santi più amati e venerati da sempre.
Il culto nacque in breve tempo, infatti papa Gregorio IX lo proclamò santo appena 2 anni dopo la sua morte e nel 1939 papa Pio XII, definendolo "il più italiano dei santi e più santo degli italiani" , lo proclamò patrono d’Italia.

Francescani a S.Lucia del Mela

Nel XVII secolo due gruppi di francescani si stabilirono a S. Lucia fondando due chiese: una in contrada Grazia (nei pressi dell’attuale campo sportivo) e l’altra in aperta campagna (l’attuale piazza Milite Ignoto).
Nel 1622 i primi decisero di spostarsi nella più sicura parte alta della città dove edificarono il convento e la chiesa di S. Francesco, ma circa due secoli dopo vennero emanate le leggi sulla soppressione civile che stabilirono che l’edificio venisse espropriato ai frati e trasformato in un ospedale militare.
Nello stesso periodo la chiesa di campagna fu ricostruita e dedicata al Sacro Cuore di Gesù.
Attualmente la chiesa di San Francesco è chiusa al culto, mentre quella del Sacro Cuore è una delle 3 parrocchie cittadine.

Tela della Porziuncola

L’opera che meglio rappresenta il poverello di Assisi è Il quadro della Porziuncola custodito nella chiesa del S. Cuore attribuito ad Antonino Biondo (1600).
Con il termine Porziuncola s’intende la chiesetta di S. Maria degli angeli che S. Francesco restaurò tra il 1207 e il 1208.  Questa divenne il luogo simbolo per la nascita dell’Ordine francescano: lì Francesco accolse Chiara che aveva deciso di seguire il suo esempio fondando l’ordine femminile francescano delle clarisse, ed in quella stessa chiesa ritornò gravemente malato e morì nella notte fra il 3 ed il 4 ottobre 1226.
Questa tela ha una storia piuttosto travagliata, infatti quando dopo l’uccisione del re Umberto I°  la chiesa ed il convento del S. Cuore vennero espropriati ai frati e trasformati in caserma militare, i soldati dell’84° reggimento di Fanteria con le loro baionette sfregiarono la tela che fortunatamente anni dopo è stata ben restaurata ed oggi possiamo ammirarla in tutto il suo splendore.

Antonella Alibrando
Estasi di San Francesco

                                                                             
Descrizione dell’opera:

Il soggetto principale, interpretato dalla figura di San Francesco (inginocchio nella parte inferiore del dipinto), rivolge lo sguardo penitente verso le immagini di Gesù e della Madonna tra gli angeli, situati nella parte superiore dell’opera.
Il rigore del classicismo rinascimentale, viene individuato nella riuscitissima prospettiva centrale riscontrata nella parte inferiore. Attraverso la stessa, viene messo ancora più in evidenza la figura del Santo; tutti le linee prospettiche, infatti, convergono e si uniscono in un immaginario punto di fuga, coincidente con la testa di San Francesco.
La struttura architettonica, rappresentata anch’essa con riferimenti in stile tipicamente rinascimentale, con motivi in marmo policromo intervallati da paraste in marmo bianco, viene interrotta all’improvviso da una schiera di angeli che la sovrasta. Il rigore e la compostezza classica, in questo caso, si sostituisce con la confusione e con la teatralità tipicamente barocca.
L’opera, indubbiamente di stile manieristico, è influenzata pertanto dal precedente stile rinascimentale e dal nuovo stile barocco.
I colori pastello riscontrati nelle vesti della Madonna e degli angeli, il colore oro del cielo, gli sproporzionati accostamenti tra gli angeli utilizzati nella raffigurazione, sono tutti elementi che ci ricordano lo stile manieristico tipico dell’epoca di realizzazione dell’opera.

Stato di conservazione:

Il dipinto, si presenta purtroppo illeggibile nella sua totalità, a causa delle innumerevoli lacune del film pittorico sparse su tutta la superficie.
Ha subito un precedente intervento di restauro, basato principalmente sul consolidamento e sulla pulitura della superficie pittorica.
È anche visibile il supporto della tela originale, adottata per la realizzazione dell’opera, a causa delle notevoli cadute della pellicola pittorica. Nelle lacerazioni e nelle mancanze del tessuto della stessa, sono stati eseguiti degli interventi di stuccatura, dalla policromia mimetica con il colore del supporto tessile.
Sono inoltre visibili alcuni interventi di ritocco pittorico, eseguito a tratteggio, nelle lacune più piccole riscontrate sulla superficie restaurata.
L’opera oggi non è sicuramente in uno stato di conservazione ottimale, meriterebbe pertanto un ulteriore intervento di pulitura e restauro di tutta la superficie.
                                    
          
San Francesco d'Assisi
                                                            Arizzi Santo


lunedì 1 ottobre 2012

“Rifiuti Zero”: un nuovo Modello di vita

Rosario Torre - Ognuno di noi affronta quotidianamente la “questione rifiuti”. Solo per attenerci a quelli solidi urbani, esistono parecchi spazi comuni che vengono violentati dall’inciviltà di molti cittadini: basta guardarsi un po’ intorno per vedere ciò che succede. Dai sacchetti interi abbandonati nei vicoli, all’interno di case o ruderi, fino alle chewing-gum, alle cicche di sigarette, alle bottiglie di ogni genere di bevanda, alle deiezioni degli animali domestici portati a passeggio, ai “bisognini umani” effettuati con nonchalance in pieno centro abitato, a poca distanza da piazze e locali pubblici. Poi, se guardiamo un po’ oltre, possiamo osservare il “problema rifiuto” sotto un’altra ottica: la raccolta e lo spazzamento poco frequenti o mal gestiti, i costi sempre più onerosi, le suddivisioni spropositate degli ambiti territoriali, la presenza di inceneritori (di qualsiasi “generazione”) o di discariche, l’assenza di opportuni centri per il riciclaggio dei materiali (che dovrebbero essere logisticamente distribuiti nel nostro territorio), la raccolta differenziata che non riesce a decollare nonostante l’Europa ci imponga di raggiungere il 65% entro il 31 dicembre 2012.

Eppure, a Napoli, a dispetto di ciò che accade oggi, si ebbe la prima raccolta differenziata del nostro Paese. Infatti, fu a seguito del Regio Decreto n. 21 del 03/05/1832 (firmato da Ferdinando II, Re delle Due Sicilie) che venne emessa un’ordinanza da Gennaro Piscopo, Prefetto di Napoli, dove si obbligava la popolazione a raccogliere separatamente i rifiuti.

Analizziamo adesso il concetto di “rifiuto”, così come noi oggi lo intendiamo: “scarto, eliminazione di qualcosa perché inutilizzabile o dannosa”.

Cinque secoli fa Leonardo da Vinci pose l’attenzione sul fatto che la parola “rifiuto” in natura non esiste. Oggi possiamo, in maniera più corretta, parlare di Risorsa, intesa come “materia” da poter recuperare e riutilizzare.

E proprio da questa “nuova” concezione nasce il concetto di Rifiuti Zero (Zero Waste). Non si tratta di una Teoria accademica ma di una strategia, un Modello di vita responsabile ed ecosostenibile, che mira alla riprogettazione della vita ciclica delle risorse (dal produttore al consumatore, fino alla reale possibilità del riuso dei materiali) in modo tale da recuperare tutti i prodotti, portando la quantità di rifiuti, da conferire in discarica o da incenerire, a valori prossimi allo zero. Tale progetto, attuabile e vitale per l’eccessivo spreco di risorse attuali che rischia di compromettere sempre più la disponibilità delle stesse per le generazioni future, si contrappone alle pratiche che prevedono “obbligatoriamente” un processo di incenerimento o di conferimento in discarica.

“… Non possiamo più sostenere una società usa e getta su un Pianeta finito. … I rifiuti sono l’evidenza che stiamo facendo qualcosa di sbagliato. Le discariche seppelliscono l’evidenza e gli inceneritori la bruciano. Questo è vero per gli inceneritori, non importa quali nomi di fantasia vengano usati per definirli, per esempio termovalorizzatori, gassificatori, pirolìsi o torcia al plasma. Il nostro obiettivo nel XXI secolo non è trovare sempre più sofisticati modi di distruggere risorse, ma smettere di produrre prodotti e imballaggi che devono essere distrutti. …”. La strategia Rifiuti Zero dice “no” agli inceneritori, “no” alle mega discariche, “no” alla società usa e getta e “sì” a una società sostenibile (Paul CONNETT, Rossano ERCOLINI, Patrizia LO SCIUTO, Rifiuti Zero. Una rivoluzione in corso, Edizione Dissensi, marzo 2012, pp. 219, cfr. pp. 11, 13). Non si tratta di un obiettivo idealistico e utopico ma di una scelta responsabile che ha portato diverse Comunità a credere realmente alla possibilità di mettere in pratica ciò che uomini come Paul Connett (Prof. Emerito di Chimica Ambientale alla St. Lawrence University di Canton, nello Stato di New York, USA), candidato al Premio Nobel nel 2008, sta cercando di divulgare negli ultimi anni, in giro per il mondo.
La copertina dell’ultimo libro pubblicato dal Prof. Paul Connett


Così a Messina, dopo il precedente incontro del 2 ottobre 2009 (all’indomani della tragedia di Giampilieri e Scaletta Zanclea), il 27 settembre 2012, presso il Salone delle Bandiere di Palazzo Zanca, si è tenuta un’altra affollatissima Conferenza del Prof. Paul Connett su “Rifiuti Zero”.

Il Prof. Paul Connett a Messina, 27 settembre 2012

La Conferenza si è aperta con gli interventi dell’Avvocato Antonio Catalioto (Coordinatore Progetto Rifiuti Zero, Circolo di Messina), del Prof. Paolo Guarnaccia (Coordinatore Regionale Rifiuti Zero Sicilia), del Dott. Francesco Cancellieri (Osservatorio Rifiuti Zero Catania) e della giornalista Dott. Rosaria Brancato che ha coordinato l’incontro.
In particolare, l’Avv. Catalioto rimarca il fatto che nella Città di Messina si faccia soltanto il 6,9% di raccolta differenziata e che attualmente si stia attraversando la situazione peggiore riguardo alla gestione dei rifiuti. Importanti sono i richiami verso la puntata su Rai Tre di “Presa Diretta” (“Immondizia Zero”, 22 gennaio 2012), sugli esempi virtuosi di realtà come Capannori (un Comune di 46.600 ab. in Provincia di Lucca, ove i cassonetti non esistono e si è raggiunto l’82% di raccolta differenziata) e San Francisco, la Città della California che conta circa 810.000 ab. (con una popolazione che arriva fino a ca. 4.340.000 ab. considerando l’Area Metropolitana), che attualmente raggiunge il 78% di raccolta differenziata.



La raccolta differenziata porta a porta a Capannori (LU)



È la “società usa e getta” che contribuisce a causare una crisi di sistema, che non è solo economica. Di conseguenza, si rende necessario intraprendere un nuovo percorso per ridurre i rifiuti e l’impatto sull’ambiente. Un percorso che riesca a portare a un modello di consumo che non annienti la sostenibilità, un percorso che non comprenda le “3 R” più conosciute (Riduco, Riuso, Riciclo) ma anche la “4ª R” (“Ri-progettazione”) e la “5ª R” ovvero la “Responsabilità” che deve essere individuale, collettiva, degli ordini professionali, delle categorie (industriali e imprenditori) ma anche dei politici.

Rifiuti Zero” non è soltanto raccolta differenziata ma la consapevolezza di una battaglia unica sulla sostenibilità, con il contributo di tutti. Da rimarcare, quindi, l’auspicabile rispetto del noto concetto di sviluppo sostenibile: “uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni” (Rapporto Brundtland, 1987).

Attualmente in Italia 91 Comuni (su 8.092) hanno aderito alla “Strategia Rifiuti Zero”, dei quali 9 sono siciliani (su 390 Comuni dell’Isola). Il nono Comune, in ordine temporale di adesione, riguarda proprio la Provincia di Messina: Giardini Naxos. Durante la Conferenza, inoltre, l’attuale Sindaco di Furnari (Comune che sorge a ca. 200 m dalla discarica di Mazzarrà Sant’Andrea) dichiara di voler aderire all’iniziativa “Rifiuti Zero”.

Un appunto importante riguarda, inoltre, le suddivisioni territoriali con le quali vengono gestiti la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti in Sicilia: gli ex 27 ATO (Ambito Territoriale Ottimale) verranno sostituiti dalle nascenti 18 SRR (Società per la Regolamentazione del servizio di gestione Rifiuti) che probabilmente non miglioreranno la situazione poiché i Comuni non sono stati messi nelle condizioni di poter scegliere “liberamente” la ripartizione delle stesse.

Infine, l’intervento del Prof. Paul Connett spiega minuziosamente cosa significa “Rifiuti Zero”. Connett, non è solo il massimo esperto in materia ma un vulcanico e appassionante divulgatore della complessa tematica ambientale che viene affrontata a 360° e senza “mezze parole”.


Un cane è stato addestrato in Svezia per fare la raccolta differenziata: riesce a separare sei tipologie di materiali
Così egli rimarca il fatto che esistano “5 R” (italiane): Riduzione, Riuso, Riciclo, Re-Design e Responsabilità. In particolare, nel caso del Re-Design si evidenzia come tutto ciò che non può essere riprogettato e riciclato non debba nemmeno essere prodotto.

Connett enuncia anche le “4 C” (inglesi): Buon Senso (Common sense), Comunità (Community), Creatività (Creativity; la riprogettazione e il design di cui gli italiani sono maestri), Bambini (Children; i figli che rappresentano il futuro). L’ultima “C” (Children) è la più importante per poter dire “no” alla diossina degli inceneritori e “no” ai veleni delle discariche.

Così, Paul Connett, guadagnandosi in più occasioni gli applausi accorati di tutti i presenti, illustra tutta la “Zero Waste Theory”, partendo dalla responsabilità della comunità (compresi gli industriali) e dai dieci passi (10 Steps) verso Rifiuti Zero:

1) Separazione alla fonte;

2) Raccolta differenziata porta a porta;

3) Compostaggio;

4) Riciclo;

5) Riuso, riparazione e decostruzione (non demolizione) dei vecchi edifici;

6) Iniziative di riduzione dei rifiuti;

7) Incentivi economici;

8) Separazione del residuo e Centro di Ricerca Rifiuti Zero;

9) Responsabilità industriale;

10) Discarica temporanea per il non riciclabile e la frazione organica sporca stabilizzata.

Solo se si riescono ad applicare totalmente i primi quattro steps si è in grado di raggiungere il 60% della raccolta differenziata. Con il quinto step si arriva al 70%, mentre al 7° step si arriva all’80% e con il 9° step all’obiettivo Zero Waste (Rifiuti Zero).
Quindi, il Prof. Connett espone dettagliatamente tutte le fasi (10 steps) del progetto “Rifiuti Zero”.
1) Separazione alla fonte: come ognuno di noi è capace di generare il “rifiuto” (frazione umida e secca) così è in grado di separare i materiali che devono essere scartati in base a poche categorie.
2) Raccolta differenziata porta a porta: sono riportati alcuni esempi di realtà grandi e medio - piccole come San Francisco (raccolta differenziata al 78%), Capannori (LU), il primo Comune italiano ad aver aderito al progetto Rifiuti Zero, e la Città di Hernani nei Paesi Baschi (Spagna).
3) Compostaggio: vengono illustrati esempi di impianti di compostaggio ben funzionanti nel mondo e di come il compost, ottenuto dalla frazione umida, possa essere non solo importante per l’impiego in agricoltura ma favorisca l’incremento della sostanza organica nel terreno, la diminuzione della CO2 e l’eliminazione della componente più fastidiosa e spesso più pesante dello stesso “rifiuto”, ovvero la puzza e il percolato.
4) Riciclaggio: il fatto di bruciare risorse è un atto stupido, dato anche l’aumento di domanda proveniente soprattutto dai Paesi del Terzo Mondo, e di conseguenza costruire un inceneritore nel XXI sec. è altrettanto stupido (in Svezia, nei Paesi Bassi e in Germania si è costretti, persino, a importare rifiuti per alimentare le proprie “centrali”, riconoscendo di aver sostenuto costi inutili per la stessa costruzione di tali “inceneritori”).
5) Riuso, riparazione e decostruzione (non demolizione) dei vecchi edifici: sono riportati i casi di impianti per realizzare prodotti usati in cui trovano posto molti lavoratori, in cui vengono predisposti dei corsi di formazione professionali e sono venduti numerosi articoli a basso costo. Importante risulta il buon senso per poter sostituire le stoviglie e le bottiglie in plastica, utilizzare pannolini lavabili come avveniva in passato, acquistare alla spina il latte, le bevande e i saponi, sostituire le buste in plastica per la spesa, così come oggi ci impone l’Europa.
6) Iniziative di riduzione dei rifiuti: esistono diversi prodotti che non possono essere riutilizzati (come gli imballaggi) e quindi bisogna fare in modo di minimizzare la loro produzione.
7) Incentivi economici: viene considerata la possibilità di introdurre alcuni incentivi che possano scoraggiare l’impiego di prodotti che costituiscono la frazione residua e premiare quei cittadini che riescono a minimizzare questo tipo di “rifiuto” (è il caso dei sacchetti prepagati).
8) Separazione del residuo e Centro di Ricerca Rifiuti Zero: possibilità di separare il residuo in uno specifico impianto (che non è la comune discarica in cui si conferisce quasi tutta la quantità dei rifiuti) e di realizzare veri e propri Centri di Ricerca per lo studio dei materiali di scarto e la loro possibilità di poter essere prodotti con componenti ecosostenibili.
9) Responsabilità industriale: il ciclo si chiude con l’analisi del residuo, che dovrebbe portare alla riprogettazione industriale degli oggetti che non possono essere riciclati.
10) Discarica temporanea per il non riciclabile e la frazione organica sporca stabilizzata: una discarica transitoria che possa contenere i materiali ancora non riciclabili e la frazione organica non stabilizzata, nell’attesa che il Centro di Ricerca Rifiuti Zero possa fornire le indicazioni per il più opportuno riciclo e Re-Design.

Il Piano Rifiuti Zero e le relative motivazioni per essere applicato



In conclusione è possibile evidenziare che esistono appuntamenti come questo che dovrebbero essere divulgati e conosciuti da Tutta la Comunità poiché la “questione rifiuti” (= Risorse) riguarda non solo gli uomini di oggi ma soprattutto le future generazioni.