Nuovo eccezionale ospite allo Juventus Club Doc "Gaetano Scirea" di Santa Lucia del Mela, che venerdì 30 settembre alle 11 accoglierà in aula consiliare il campione Marco Tardelli, protagonista della storia del calcio italiana, insieme alla figlia Sara. Come sempre ad attendere i tifosi ci sarà una grande festa juventina, preparata con grande cura dal presidente Benedetto Merulla e dai soci dello "Scirea", per ripercorrere le vittorie conquistate da Tardelli con la maglia bianconera e raccolte nel libro Tutto o niente. La mia storia, scritto in forma di dialogo con la figlia. Indimenticabile icona della vittoria nel Mondiale del 1982, Tardelli si racconterà a tifosi e giornalisti, visiterà la sede del Club luciese e pranzerà con i soci.
Il libro
Tutto o niente. La mia storia, scritto da Marco e Sara Tardelli, racconta una vita vissuta sempre di corsa, in campo e fuori, ma senza sbandamenti: «Ho lottato per il mio sogno da solo, senza l'aiuto di nessuno. Come regalo ho avuto il talento, tutto il resto me lo sono guadagnato passo dopo passo, centimetro per centimetro».
Dalla copertina:
«Il mio urlo è durato 7 secondi. Il mio amico Gaetano Scirea mi ha passato la palla in area e l'ho colpita in scivolata. Rete. Italia 2, Germania 0. Il boato di 90 mila persone. E io ho fatto la cosa che amavo di più: ho corso. Ero inondato dai ricordi, dal senso di riscatto, dall'adrenalina. Quei 175 fotogrammi mi hanno regalato un posto nella storia del calcio. E quell'urlo è stato una scossa elettrica che ha cancellato la mia vita. Non c'è stato più un prima e non c'è un dopo.» A più di trent'anni dall'urlo di Madrid, Marco Tardelli racconta senza reticenze alla figlia Sara la sua storia, nata da una passione assoluta e totalizzante come il primo amore, che nessun ostacolo, nessun rifiuto, è mai riuscito a spegnere: il calcio. L'infanzia passata tra i monti della Garfagnana e la periferia di Pisa, le prime partite all'oratorio di padre Bianchi, che alimenta il suo sogno, contrastato invece dai genitori; i soldi guadagnati durante le vacanze estive come cameriere e i deludenti provini per club di serie A, finiti tutti allo stesso modo: «È bravo, ma con quel fisico non può fare il calciatore». Poi, a soli 20 anni, dopo aver indossato le maglie di Pisa e Como, Marco approda alla Juventus di Gianni Agnelli e Giampiero Boniperti, una grande squadra che è innanzitutto una scuola di vita, e con la quale in dieci anni conquista un'impressionante serie di vittorie: 5 scudetti, 2 Coppe Italia, una Coppa dei Campioni (la tragica notte dell'Heysel), una Supercoppa europea, una Coppa delle Coppe, una Coppa Uefa. Nel mezzo, la gloriosa carriera azzurra con la Nazionale di Enzo Bearzot nell'entusiasmante spedizione in Argentina (1978), in quella trionfale in Spagna (1982) e in quella sfortunata in Messico (1986). E quando l'avventura con il calcio «giocato» sembrava finita, perché sarebbe stato per lui impossibile raggiungere nuovi traguardi, un'inattesa carriera da allenatore condotta con alterne fortune: le gioie provate alla guida delle Nazionali giovanili, le delusioni sofferte sulla panchina dell'Inter e le stimolanti esperienze all'estero, prima come commissario tecnico dell'Egitto e poi come vice di Giovanni Trapattoni alla guida dell'Eire, privato per un gol irregolare di una storica qualificazione ai Mondiali in Sud Africa (2010). Tutto o niente è anche e soprattutto la storia dell'uomo Tardelli, «nato alla buona», di natura ribelle e con un «cromosoma contadino», delle sue molte e diverse amicizie, degli indimenticabili incontri con campioni e colleghi ma anche con ristoratori e taxisti, e dei turbolenti ma inossidabili rapporti con i figli, Sara e Nicola, e le donne della sua vita.
Il campione
Marco Tardelli (Careggine, 24 settembre 1954) è stato cinque volte campione d'Italia con la Juventus, in maglia bianconera ha inoltre vinto tutte e tre le principali competizioni UEFA per club, divenendo uno dei primi tre giocatori – assieme ai suoi compagni di squadra e Nazionale Antonio Cabrini e Gaetano Scirea – nonché primo centrocampista in assoluto ad aver conseguito tale record. Campione del mondo con la Nazionale italiana nel 1982, è rimasta nella memoria collettiva l'esultanza con cui festeggiò la sua rete in finale alla Germania Ovest: "l'urlo di Tardelli" è passato alla storia come l'immagine-simbolo del calcio italiano nonché, a livello mondiale, tra le maggiori icone sportive di sempre. Nel 2004 è risultato 37º nell'UEFA Golden Jubilee Poll, un sondaggio online condotto dalla UEFA per celebrare i migliori calciatori d'Europa dei cinquant'anni precedenti.
Di piede destro, da bambino, seguendo e imitando il suo idolo Gigi Riva che era mancino, diventò ambidestro. Molto rapido nella corsa e abile nella marcatura, venne schierato con proficui risultati sia come terzino che centrocampista. In un'epoca in cui il calcio italiano era conosciuto soprattutto per le sue qualità difensive, spesso legate al catenaccio, Tardelli emerse al contrario come un giocatore grintoso e dotato tecnicamente in mezzo al campo, venendo considerato tra i migliori interpreti al mondo del ruolo nei primi anni 1980.
Dopo un corteggiamento da parte di Fiorentina e soprattutto Inter, nel 1975 venne acquistato dalla Juventus, voluto fortemente dal presidente bianconero Giampiero Boniperti. Fu subito schierato dall'allenatore Carlo Parola come terzino, alternandolo al più esperto Luciano Spinosi. Esordì con il club torinese il 27 agosto, nella gara di Coppa Italia tra Juve e Taranto, finita 2-0 per i bianconeri. Disputò l'ultima partita in maglia bianconera il 29 maggio 1985, nella finale di Coppa dei Campioni vinta per 1-0 contro gli inglesi del Liverpool, partita teatro della strage dell'Heysel. Chiuse la sua esperienza a Torino dopo 259 incontri conditi da 34 centri, nel corso dei quali mise in bacheca cinque campionati, due Coppe Italia, una Coppa dei Campioni, una Coppa delle Coppe e una Coppa UEFA; un palmarès che tuttora ne fa uno dei soli dieci giocatori, nella storia del calcio, capaci di conquistare le tre principali competizioni UEFA per club.
Fece il suo esordio con la maglia dell'Italia il 7 aprile 1976, all'età di ventuno anni, nell'amichevole di Torino contro il Portogallo (3-1). Divenne poi elemento cardine della selezione guidata da Enzo Bearzot, della quale fu titolare al campionato del mondo 1978 in Argentina e al campionato d'Europa 1980 organizzato in Italia. Con 7 presenze e 2 gol fu protagonista della vittoria al campionato del mondo 1982 in Spagna. Qui siglò la rete dell'1-0 nella partita poi vinta 2-1 sull'Argentina nonché la celebre rete del 2-0 nella vittoriosa finale 3-1 contro la Germania Ovest, quella del famoso "urlo" in cui Tardelli corse a perdifiato verso metà campo, agitando i pugni contro il petto, con le lacrime che gli rigavano il viso e urlando a ripetizione «gol!» mentre scuoteva selvaggiamente la testa: «dopo che segnai, tutta la vita mi passò davanti – la stessa sensazione che, si dice, si ha quando stai per morire. La gioia di segnare in una finale di Coppa del Mondo fu immensa, qualcosa che sognavo da bambino, e la mia esultanza fu una sorta di liberazione per aver realizzato quel sogno. Sono nato con quel grido dentro di me, e quello fu l'esatto momento in cui venne fuori»; per ironia della sorte, quel gol – inserito nel 2010 da Goal.com al 2º posto tra le 50 migliori celebrazioni nella storia dei campionati mondiali, e nel 2014 dalla BBC al 4º posto tra i 100 più bei momenti nell'epopea della Coppa del Mondo – rimase il suo ultimo in maglia azzurra. Dopo il ritiro di Dino Zoff vestì la fascia di capitano ogni qual volta venne impiegato. Con gli Azzurri ha collezionato in totale 81 presenze e segnato 6 reti. Dopo il ritiro dalla pratica agonistica inizia per lui la carriera di allenatore.
(da Wikipedia)