Occhi puntati al cielo nella notte per ammirare lo spettacolo del monte Mankarru ricoperto di luci, tra le finestre illuminate a festa del Castello e acrobazie pirotecniche che accendono il buio di mille colori. Come un simbolo del bisogno di “riscoprirsi” che anima il paese, tutta la comunità luciese ha vissuto l’ultimo lungo giorno dedicato alla solennità della Madonna della Neve nei luoghi reali e metaforici dell’arte e delle tradizioni, all’insegna della devozione mariana e della condivisione. Ribadendo la voglia di recuperare un senso di appartenenza negato, a volte, dalle difficoltà di un presente che sembra trascurare memoria storica e patrimonio artistico, tra abbandono e sfiducia.
Al culmine dei festeggiamenti, una partecipata processione si è snodata per le vie, addobbate da tappeti di fiori ispirati ai temi della natura e delle feste popolari, per concludersi nella piazza Duomo gremita di fedeli. Qui Mons. Calogero La Piana ha dedicato una toccante riflessione al mistero della “maternità” di Maria, dai testi evangelici alla pratica quotidiana della fede, citando Dante e invitando al coraggio di affidarsi ad essa, come individui e come comunità. Un messaggio ribadito dal vicario foraneo, don Paolo Impalà, e meditato nelle sere della Novena da centinaia di luciesi, guidati dai Missionari dello Spirito Santo presso il Santuario della Madonna della Neve.
Con la caduta di fiocchi di neve artificiali e una musica soffusa, l’ingresso nella Basilica Cattedrale del simulacro mariano ha concluso, tra gli applausi, la festa religiosa a cui il popolo luciese, da tempi remoti, è più intimamente legato.