«Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si
fornirebbe di un'arma contro la rassegnazione, la paura e l'omertà.
All'esistenza di orrendi palazzi sorti all'improvviso, con tutto il loro
squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità… ed ogni
cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per
sempre.
È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in
uomini e donne non si insinui più l'abitudine e la rassegnazione, ma rimangano
sempre vivi la curiosità e lo stupore».
(Peppino Impastato)
Vecchio frigorifero e oggetti vari sotto l'Arco San Michele |
Rifiuti in c/da "Petra o chiovu" |
Tiziana Parisi: Osservando queste immagini,
non possono non venire in mente le parole di un eroe della lotta alla mafia,
scomparso nel 1978 a Partinico (PA), che con i modesti mezzi di una radio
locale urlava tutto il suo sdegno verso la realtà che lo circondava, fatta di
corruzione, omertà e cultura della “bruttezza”.
Già, perché è noto che l'uomo
assorbe durante la sua maturazione, in particolare nell'infanzia e
nell'adolescenza, ciò che lo circonda; lo respira, lo elabora, ma, se non gli
vengono fornite alternative, le tracce che il contesto lascia dentro la sua
personalità in formazione sono inevitabili e durature. E' come quando si abitua
un bambino a mangiare tutto tranne frutta e verdura; gli farebbero un gran
bene, ma, non avendole mai mangiate, appena le assaggerà non gli piaceranno, e,
forse, neanche ci vorrà provare.
Introdurre, mi chiedo,
l'educazione alla bellezza nella formazione delle future generazioni, superando
il sempre più diffuso relativismo dei nostri tempi, potrebbe costituire la base
per la costruzione di un rinnovato senso civico, che sembra essere radicato in
città e paesi del Nord, ma indubbiamente carente nel nostro amato Sud?
Insegnare la bellezza
attraverso l'arte, la storia, ma anche con la pulizia e il rispetto verso i
beni comuni, ostacolando la crescita incontrollata della speculazione edilizia,
della corruzione, l'avanzare dello sporco
e dell'inciviltà, con coraggio, determinazione ed onestà, produrrebbe una
maggiore consapevolezza della preziosità e, insieme, della fragilità del
patrimonio di una città, che, prima ancora che appartenere a un qualsiasi ente
comunale astratto, è di tutti noi?
Riuscirebbe ciò a far sentire
i nostri ragazzi parte integrante di qualcosa di “bello” e, pertanto, “belli” e
importanti essi stessi, per le loro famiglie e
per il paese , evitando, così, quel senso di inadeguatezza e disagio che
si suppone possa portare alla fine di esistenze spezzate troppo presto, con cui
la nostra comunità si è dovuta confrontare negli ultimi tempi?
E, infine, come raggiungere
questo obiettivo se non con l'esempio?