sabato 5 ottobre 2013

Roghi nella notte, indagini a tutto campo

Katia Trifirò - Non hanno ancora un volto e un nome gli autori dei roghi che, nella notte tra mercoledì e giovedì, hanno distrutto l’automobile di un ex tecnico comunale, un deposito di videogiochi, un bar del centro storico. È vivo, tra la popolazione, il senso di sconcerto e profonda amarezza per un attacco triplice sferrato nel cuore della notte, quando la città, addormentata e silenziosa, è più vulnerabile. Oltre ai danni materiali, a pesare oggi sono gli effetti a lungo termine di un gesto, non sappiamo se ascrivibile alla stessa mano, che offende il lavoro onesto e quotidiano svolto dai cittadini per garantire, ai propri figli, le migliori condizioni di vita in una realtà che si scopre, improvvisamente, ferita. 
Nessuno, tra gli abitanti, gli amministratori, gli uomini delle forze dell’ordine, intervenuti sui luoghi mentre il fuoco divampava, riesce, ad oggi, a dare una spiegazione razionale ai fatti, tanto più che le vittime non sembrano avere alcun vincolo che possa permettere di legare l’uno all’altro i tre incendi, innescati, lo ricordiamo, l’uno dopo l’altro. Episodi apparentemente diversi, eppure accaduti la stessa notte, in poco meno di un’ora, come tasselli di un’unica catena di fuoco. E, sebbene solo l’incendio ai danni del bar abbia una chiara matrice dolosa, nessuno sembra disposto a credere che si tratti di vicende separate l’una dall’altra. Su quale logica connetta i tre fatti, ammesso che una connessione ci sia, si interrogano anche gli inquirenti, ma è ancora troppo presto per capire in che direzione proseguiranno le indagini. I locali, sottoposti a sequestro, così come l’automobile incendiata, sono al vaglio della magistratura, che sta cercando di raccogliere il maggior numero possibile di elementi utili. A condurre le indagini, il sostituto procuratore Francesco Massara, della Procura di Barcellona. 
Un atto di condanna unanime viene, intanto, dagli organi istituzionali locali, che, insieme alle forze dell’ordine, dovranno dare risposte ai cittadini sul tema, sempre aperto, della sicurezza. I tre roghi, infatti, colpiscono al cuore, come segnali inquietanti, la tranquilla quotidianità cittadina di una comunità in cui le forze positive prevalgono. Una realtà caratterizzata dagli sforzi continui di commercianti e piccoli imprenditori per non soccombere alla crisi economica e dalla dedizione costante con cui tantissimi cittadini animano i settori del volontariato, dell’associazionismo, delle comunità parrocchiali. È a questa società civile che va l’appello del sindaco, Nino Campo, perché si rafforzi l’impegno dedicato alla legalità, all’educazione ai valori civili, di cui la scuola deve essere baluardo, all’onestà, alla cultura e alla giustizia sociale come stile di vita. «Drammi come questo ci spingono a intensificare sempre più il contatto con il mondo delle associazioni e del volontariato, per difendere con un impegno sinergico l’armonia e lo sviluppo del territorio», afferma il sindaco. «Siamo vicini alle vittime e alle loro famiglie», prosegue Campo auspicando una rapida conclusione delle indagini, «e chiediamo con forza al Prefetto una presenza più massiccia di forze dell’ordine a presidio del territorio».
Per esprimere solidarietà alle vittime e sottolineare il valore fondamentale della legalità, si riunisce oggi alle 18 il consiglio comunale, in una seduta urgente convocata dal presidente Emanuele Impalà, cui sono stati invitati i membri delle associazioni antiracket e antimafia del comprensorio. L’invito alla cittadinanza, come ribadiscono il sindaco Campo e il comandante dei carabinieri della locale stazione Silvestro, è quanto mai pregante, affinché i cittadini intervengano numerosi, per dare con la loro partecipazione una testimonianza forte di totale rifiuto rispetto a logiche perverse che inquinano il tessuto sociale. 

venerdì 4 ottobre 2013

Catena di fuoco nella notte di mercoledì. Torna l'allarme sicurezza

Il deposito di via Cristoforo Colombo dato alle fiamme

Quello che è rimasto dopo le fiamme

Il "Poker Bar" distrutto all'esterno


Un dettaglio della scena
La copertura in plexigas che l'incendio ha devastato

L'ingresso del locale



































































































I FATTI - Fiamme nella notte accendono il buio di bagliori sinistri, le sirene spiegate dei vigili del fuoco rompono il silenzio del paese che dorme. Sono appena passate le tre della notte tra mercoledì e giovedì, quando tre roghi, uno dietro l’altro, annunciano la catena di fuoco di cui, ancora oggi, si stanno quantificando i danni.
Tutto comincia da via Annunziata. Qui, un’automobile, una Fiat “500” vecchio modello, viene data alle fiamme, che ne distruggono tutta la parte anteriore. Ad utilizzarla abitualmente è un ex tecnico comunale in pensione, il geometra Mimmo Cirino, in servizio sino all’anno scorso presso il municipio luciese. La vettura, su cui adesso si stanno svolgendo gli accertamenti degli inquirenti, si trovava proprio nei pressi dell’abitazione in cui Cirino vive con la sua famiglia. 
Ma i carabinieri della locale stazione, immediatamente allertati, non fanno in tempo ad intervenire in via Annunziata perché qualcosa di grave sta avvenendo anche in un’altra strada del paese. Passano infatti pochi minuti e una nuova segnalazione conduce la squadra, guidata dal comandante Giovanni Silvestro, nel tratto finale di via Cristoforo Colombo, dove una scena drammatica si presenta agli occhi delle forze dell’ordine e dei residenti. Si tratta di un rogo, di un altro rogo, appiccato questa volta ad un edificio. In fiamme un magazzino, tenuto in affitto da una piccola società impegnata nel settore dei videogiochi, che lo utilizza come deposito. Per domare l’incendio, partito dall’interno della struttura, verosimilmente con l’utilizzo di un liquido infiammabile, è necessario l’intervento dei vigili del fuoco di Milazzo, che riescono a spegnere le fiamme prima che l’intero deposito venga ridotto in cenere. A testimoniare tristemente gli interminabili minuti di paura, rimangono pezzi di plastica annerita, rovesciati fuori dalla saracinesca chiusa per tre quarti, e un acre odore di fumo.
Tuttavia, manca ancora un tassello per completare l’assurda catena di incendi che trasforma una tranquilla notte di inizio ottobre in un vero e proprio incubo. L’allarme scatta per ultimo nel cuore del centro storico, in via San Sebastiano, a pochi passi dalla Cattedrale. Qui, l’incendio massacra l’area esterna dell’unico bar di questa zona del paese, da qualche giorno chiuso per ferie. Il “Poker Bar”, punto di ritrovo per quanti abitualmente frequentano la piazza, appare, quando le fiamme si estinguono, irriconoscibile. Tanti, troppi, i danni subiti. 
L’attività investigativa è affidata al comandante Silvestro, che è stato supportato negli interventi della notte dagli uomini del nucleo radiomobile di Barcellona. Nessuna delle vittime ha dichiarato di aver ricevuto pressioni o minacce. La chiave di volta delle indagini sarà capire quale logica collega i tre diversi attentati incendiari, posto che si possa parlare di fatti connessi l’uno all’altro, poiché nessun tipo di vincolo sembrerebbe legare le vittime colpite. Al tempo stesso risulta però molto difficile credere alle coincidenze, sebbene solo l’ultimo degli incendi abbia dichiaratamente mostrato la matrice dolosa che lo ha causato. In attesa che nuovi elementi utili si presentino agli inquirenti, non resta che prendere atto degli effetti di ciascuno di questi gravissimi episodi, che, specialmente nel caso delle due attività commerciali coinvolte, colpiscono un tessuto economico sfavorevole, costretto, in tempi di crisi come quelli attuali, a fare i conti con una quotidianità tutt’altro che rosea.

LE REAZIONI - È un mattino dal sapore amaro quello che, alle prime luci dell’alba, risveglia Santa Lucia del Mela. Orrore, sgomento e incertezza sono le prime reazioni con cui si accoglie, in paese, la triste notizia della catena di fuoco propagata da un punto all’altro del centro abitato. Tutte le piste sono aperte all’attività investigativa, che cercherà di fare chiarezza in una vicenda dai contorni oscuri, ma nessuno sembra disposto a credere che, quanto accaduto in una sequenza temporale di meno di un’ora, sia solo frutto del “caso”. Difficile credere ad episodi separati, difficile credere alle coincidenze, difficile credere a fantomatici “cortocircuiti”. I tre roghi notturni, al contrario, lasciano emergere in primo piano la questione più generale della sicurezza, tante volte dibattuta ma spesso trascurata, sino a quando, come sta purtroppo accadendo, un nuovo fattore di allarme sociale torna a porla al centro dell’attenzione. C’è, primariamente, il problema dei tagli governativi che, insieme ad altri settori vitali, come quello della cultura, colpiscono proprio la sicurezza. A lamentarsene, oltre ai cittadini, che ne pagano per primi le conseguenze, sono istituzioni e forze dell’ordine, tanto che sia il sindaco Campo che il comandante Silvestro manifestano l’esigenza di una più massiccia presenza di forze dell’ordine sul territorio. Per tenere accesi i riflettori della società civile su questi temi e per esprimere solidarietà alle vittime, sabato pomeriggio alle 18 è stato convocato un consiglio comunale urgente, con la partecipazione di associazioni impegnate a lottare per il rispetto della legalità. Tra i temi caldi, di cui la politica locale dovrà farsi carico, anche quello della videosorveglianza sul territorio comunale, il cui regolamento è stato approvato, proprio in sede di civico consesso, qualche anno fa. Il progetto, però, non è stato mai finanziato. Episodi come quelli di mercoledì notte riaprono, d’altra parte, vecchie ferite, a cui si aggiungono oggi disagi sociali connessi, in molti casi, alla microcriminalità: quella, per intenderci, che va dai furti nelle abitazioni private e nei negozi, allo spaccio di piccola taglia, comprendendo anche la piaga del racket. Un quadro di miseria e degrado, che non fa distinzione tra periferie metropolitane e paesi di poche anime. 

CONSIDERAZIONI A MARGINE - Episodi di cui non vorremmo mai scrivere. Squarci nella quotidianità, ombre incomprensibili. Eppure, i tre roghi della notte di mercoledì, i cui colpevoli non hanno ancora un volto e un nome, riaprono tantissime questioni spesso troppo sbrigativamente tralasciate. L'allarme sicurezza, l'allarme sociale, l'allarme culturale. I fatti di mercoledì, che colpiscono al cuore una comunità in cui le forze positive sono prevalenti, mortificano gli sforzi di quanti silenziosamente lottano ogni giorno per una qualità di vita migliore nel nostro paese. Dal volontariato, all'associazionismo, al lavoro onesto, l'unico cambiamento di cui abbiamo bisogno è quello culturale. E, forse, investire di più in cultura, salvare le nuove generazioni dal baratro della mancanza di valori, impegnarsi, ciascuno con i propri mezzi e il proprio ruolo, per la giustizia sociale, ci consentirebbe di non svegliarci con notizie di attentati incendiari e di esistenze spezzate nel mare di Lampedusa.   

[Katia Trifirò]
[Foto di Franco Trifirò]

domenica 29 settembre 2013

DAL GIAPPONE A SANTA LUCIA DEL MELA

Si è svolto ieri nel palazzo di bio-architettura l’incontro di narrazione e canti popolari giapponesi eseguiti da una delegazione del coro “Celeste Armonia”.
Accompagnati dalle immagini dell’antica capitale Kyoto e diretti dal maestro Ojima la delegazione del coro popolare è riuscita a trasmettere al pubblico emozioni che solo una cultura millenaria come quella giapponese può possedere.
Per concludere c’è stata l’esibizione solista del maestro che ci ha fatto ascoltare “Time to say goodbye”, versione italo- inglese della famosa Con te partirò di Andrea Bocelli.







martedì 17 settembre 2013

Beato Franco torna a casa. L'accoglienza del suo popolo e una storia partita da lontano


DOMENICA 15 SETTEMBRE, LA COMUNITA' LUCIESE IN FESTA


Il corpo di Beato Antonio Franco trasportato a spalla sino alla Cattedrale luciese

Un passo nella storia e l’altro nella fede, lunghi applausi di gioia e commozione profonda per l’atto finale di un evento atteso da quasi quattro secoli. Dopo il rito di Beatificazione, solennemente celebrato a Messina il 2 settembre scorso, il ritorno di Mons. Antonio Franco nella Cattedrale luciese sigilla definitivamente il patto di amore e devozione che lega la comunità al suo Pastore. 
Alle porte della città, come il lontano 18 maggio del 1617, quando l’illustre prelato vi faceva per la prima volta il suo ingresso, il popolo della Valle del Mela lo ha atteso trepidante, gremito attorno a Piazza Milite Ignoto. Da qui, trasportata a spalla, la pesante urna di quasi quattrocento chili, contenente il corpo incorrotto del Beato, ha percorso le vie cittadine decorate a festa, in un lungo corteo accompagnato da migliaia di fedeli. 
Addobbi e festoni, piante fiorite e basilico, in ricordo di quello trovato fresco nella prima cassa del Beato, hanno fatto da scenario al passaggio della processione, lungo ali di folla, tra le preghiere di sacerdoti e diaconi, venuti da tutta l’arcidiocesi, e le marce della banda musicale “Randisi”. A concludere il corteo, sulle scalinate della Cattedrale, le note dell’Inno al Beato e la scoperta della targa che intitola alla sua memoria la piazza antistante. 
«La sua figura oggi è quella di un grande riformatore dell’epoca post-tridentina, che, sull’esempio di Carlo Borromeo, si spese per la santificazione del clero e per condizioni di vita più civili tra il popolo, contro l’ignoranza, la superstizione, l’ingiustizia», ha esordito il vicario foraneo, don Paolo Impalà, in apertura della messa di ringraziamento, officiata dall’arcivescovo Calogero La Piana. Quest’ultimo ha ribadito il modello di “buon pastore” incarnato dal Beato, dedicando l’omelia ai «tratti di santità che ne caratterizzano la vita e l’esempio». La sua azione pastorale, rivoluzionaria per i tempi, è stata ripercorsa dal sindaco Nino Campo, il quale ha auspicato che serva da stimolo, «ai credenti e ai non credenti, per migliorare la società in cui viviamo».
La cerimonia, seguita anche all’esterno, grazie a due maxi schermi, è stata l’occasione per celebrare alcune figure fondamentali per la vita della comunità luciese e per il buon esito della causa di Beatificazione. Tra questi, presenti entrambi in Cattedrale, l’ambasciatore Francesco Paolo Fulci e mons. Raffaele Insana, che si è congedato con un toccante testamento spirituale dalla sua amata parrocchia. 
Dopo i versi composti e recitati dall’archimandrita padre Alessio Mandanikiotis in ricordo del Beato, l’eredità preziosa del suo messaggio di pace, carità e giustizia è stata sottolineata in chiusura dal vicario generale, mons. Carmelo Lupò: «Il vero cantiere comincia oggi, questa Beatificazione deve aiutare noi a mettere in pratica l’attenzione ai poveri, agli ammalati, agli ultimi». Beato Franco, emanatore di decreti contro l’usura, è, non a caso, già un simbolo per le associazioni che lottano contro questa odiosa piaga, e che intendono intraprendere progetti, condivisi con la curia, a difesa delle tante vittime di oggi come di ieri. 
Il corpo incorrotto del Beato rimarrà ancora sull’altare centrale della Cattedrale luciese e, dopo gli ultimi interventi di conservazione, verrà posto nel nuovo altare nella navata di sinistra, sotto il Crocifisso ligneo appena restaurato. Con il suo ritorno definitivo, si conclude una pagina esaltante per la storia luciese, scritta anche dai fedeli delle generazioni passate. La grande mobilitazione popolare dei mesi scorsi rivela, d'altra parte, il verso significato che questo evento ricopre nel cuore di coloro che, prima ancora del riconoscimento ufficiale, si sono rivolti a mons. Franco invocandolo come "Beato". 
La buona riuscita dell'evento, infine, è il coronamento di un impegno generale, supportato non solo dall'amministrazione comunale e dalla chiesa locale, ma anche da tantissimi volontari: da quelli di Protezione civile, in prima linea per gestire viabilità, accessibilità e sicurezza, a tutti i cittadini che liberamente hanno creato un comitato spontaneo per la cura degli addobbi nelle strade del centro storico. 

LA CAUSA DI BEATIFICAZIONE, UN CAMMINO LUNGO QUATTRO SECOLI


Mons. Antonio Franco è riconosciuto Beato nella Cattedrale di Messina

Il lungo cammino del processo di Beatificazione del Servo di Dio mons. Antonio Franco inizia da molto lontano, poiché tutta la santa vita dell’abate e prelato luciese è caratterizzata da segni di grazie prodigiose, sparse abbondantemente sul suo popolo di fedeli. 
A ciò si aggiunge l’intensa attività che oggi chiameremmo di intervento sociale, in un contesto storico caratterizzato dalla concentrazione del potere politico nelle mani di nobili ed ecclesiastici, che lo gestivano senza tener conto delle condizioni di miseria della maggior parte della popolazione, sfruttata e oppressa. 
Proveniente dalla Spagna, dove era rimasto 10 anni presso la corte del re Filippo III come Cappellano d’onore, Franco entra solennemente nella “Prelatura Nullius” di Santa Lucia del Mela il 18 maggio del 1817, occupandosi non solo della cura delle anime, ma anche delle profonde ingiustizie contro i poveri e i contadini. Emana decreti contro gli usurai, ammonisce i vizi degli uomini di chiesa, cura personalmente malati e lebbrosi, consola gli afflitti. Si occupa di evangelizzare ed educare il popolo e i sacerdoti e organizza frequenti visite pastorali alle chiese delle città e delle campagne, agli ospedali, alle comunità di religiosi. Vive poveramente, lui che, napoletano di nobili origini, si priva di cibo e persino del letto, sottoponendosi a penitenze durissime, in espiazione dei peccati del mondo. Ed è per questo che, quando le campane della Cattedrale luciese, il 2 settembre 1626, rintoccano per annunciarne la morte, sono prima di tutto i poveri a riversarsi per le strade, a piangere e a chiedersi: «Chi si prenderà cura di noi?».
Da allora, non si contano le testimonianze di fatti prodigiosi dovuti alla sua intercessione. Occorrerà tuttavia aspettare quasi quattro secoli perché la causa di Beatificazione si concluda positivamente. Uno dei passaggi fondamentali è stato, nel 2008, il parere positivo della competente commissione sulla “Positio Historica”, il documento di 348 pagine che ricostruisce, su basi storiche e documentali, tutta la vicenda personale di mons. Franco. Il volume, consultabile on line, è stato predisposto dal Postulatore, mons. avv. Luigi Porsi, a dimostrazione di quelle “virtù eroiche” che, due anni fa, per decreto papale, gli hanno dato il titolo di “Venerabile”. 
Alla Causa hanno contribuito, attraverso i secoli, intere generazioni di devoti, studiosi, personaggi illustri, storici, uomini di chiesa. Un apposito comitato pro Beatificazione si è occupato, negli anni, di raccogliere le offerte economiche necessarie all’avanzamento della causa, quantificabili, secondo i dati diffusi, in oltre centomila euro. Non si dimentichi, oltre al sacrificio dei luciesi, che non hanno mai rinunciato alle donazioni, il contributo dei fedeli sparsi ovunque nel mondo. Sebbene ruoti storicamente attorno al centro luciese, nella cui Cattedrale ha sempre trovato luogo il suo corpo incorrotto, il culto per mons. Antonio Franco, infatti, si è sempre più allargato. Non solo la Valle del Mela, Barcellona e Milazzo, comunità in Sicilia e nel resto d’Italia, ma persino i messinesi di Montreal lo acclamano. Ed è per questo che il 2 settembre la partecipazione è stata massima, nella Cattedrale di Messina, per celebrare Antonio Franco, il Beato del popolo. 


2 SETTEMBRE 2013, LA CHIESA RICONOSCE ANTONIO FRANCO BEATO


L'"Inno al Beato", composto per celebrarne la figura

La pagina di storia scritta in questa data, accompagnata da una partecipazione popolare senza precedenti, sigilla un capitolo determinante dell'identità di Santa Lucia del Mela, che di Antonio Franco ha fatto, da sempre, uno dei suoi protettori. E di storie legate all'intervento divino, ottenuto per intercessione del Beato, se ne possono ascoltare quasi in ogni famiglia. Persone a cui è apparso in sogno, fedeli che sono stati salvati da malattie mortali e difficoltà di ogni tipo, devoti per i quali la memoria delle grazie ricevute è tramandata da padre in figlio. Tutti insieme, il 2 settembre, nella Cattedrale di Messina, per celebrare il compimento di una meta che è sembrata, a volte, irraggiungibile.
Le ottime condizioni di conservazione della salma, che appare totalmente integra, rivelando particolari inediti sullo stato di salute di mons. Franco, sono ribadite dall'antropologo Dario Piombino Mascali,  che ne ha curato la ricomposizione. Con nuove vesti e in una nuova urna, il corpo incorrotto continuerà ad essere meta di pellegrinaggi, nel centro luciese, che è già sede di un acceso turismo religioso, come spiega il sindaco Nino Campo. 
Il suo culto, diffuso anche oltreoceano, è celebrato ogni anno, il 2 Settembre, anche dalla "Associazione messinese di Montreal", rappresentata da una delegazione giunta appositamente dal Canada. "Siamo qui per far sentire la nostra vicinanza alla comunità luciese in un momento storico come questo, al cui compimento anche i nostri soci, da un trentennio, partecipano con grande devozione" ha dichiarato la presidente, Maria Donato, che non è voluta mancare all'accoglienza del Beato nella sua "casa".  

mercoledì 11 settembre 2013

La cripta dei Cappuccini e il culto dei morti a Santa Lucia del Mela

Quando si parla di mummie siciliane, si pensa sempre alle celeberrime Catacombe dei Cappuccini di Palermo o quelle altrettanto famose di Savoca, città nota per aver funto da scenario al film “Il Padrino”. Tuttavia, anche Santa Lucia del Mela vanta una simile tradizione, e decine di corpi, molti dei quali ben conservati, sono custoditi nella cripta della chiesa dei Cappuccini, fondata nel 1610. Recentemente, questo prezioso scrigno di beni storici e biologici è stato incluso nel “Progetto Mummie Siciliane”, un’indagine scientifica di tutte le mummie presenti nella nostra isola. Il progetto, nato nel 2007, è diretto dal messinese Dario Piombino-Mascali, antropologo dell’Università di Vilnius e ispettore onorario dei BB CC per la Regione Sicilia. Oltre l’Arcidiocesi e la Regione, l’indagine coinvolge numerose istituzioni scientifiche come l’Eurac, i REM di Mannheim, il Centro Traumi di Murnau, e le Università di Zurigo, Bonn, Vienna, del Minnesota, del Nebraska, di Rio de Janeiro e di Londra, unite attraverso la nostra isola per studiare antichi virus e batteri.  La cripta è attualmente fruibile, e assieme al biglietto di ingresso sarà possibile ottenere il breve catalogo “La Cripta dei Cappuccini e le Mummie di Santa Lucia del Mela” (nella foto), realizzato grazie al patrocinio del Comune. 


lunedì 9 settembre 2013

Convegno su Beato Antonio Franco

In vista del ritorno del corpo del Beato Antonio Franco a S.Lucia del Mela domani alle ore 20.00 nella concattedrale ci sarà un convegno sulla figura dell'illustre prelato.




Video completo

lunedì 2 settembre 2013

In diretta dalla Cattedrale di Messina











1626 - 2013. Mons. Antonio Franco è Beato!

Mons. Antonio Franco in un ritratto
Katia Trifirò - È l’alba del 2 settembre 1626. Un corteo immane di fedeli di ogni età e classe sociale, dalle campagne e dai centri urbani dell’antica “Prelatura Nullius”, accorre a Santa Lucia del Mela per salutare un’ultima volta il suo amato Pastore. Mons. Antonio Franco, che ha solo quarant’anni ma una fama di santità già diffusa di bocca in bocca, testimoniata da guarigioni prodigiose ed altri eventi inspiegabili, si spegne guardando il cielo, mentre ancora sussurra preghiere ardenti per il suo popolo.
Sono trascorsi quasi quattro secoli, ma quella data è celebrata, da allora, con una devozione sempre crescente, che culmina oggi nel riconoscimento ufficiale del titolo di “Beato”, con cui Antonio Franco, sin dalla morte, è invocato dai fedeli della valle del Mela. Una pagina epocale, a cui generazioni di devoti, di studiosi, di personaggi illustri e di uomini della chiesa locale hanno contribuito anno dopo anno, sino ad ottenere la conclusione positiva della Causa.
Il rito di Beatificazione, che sarà presieduto dal reverendissimo cardinale Angelo Amato, rappresentante papale e prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, si terrà alle 18 nella Basilica Cattedrale di Messina, come annunciato nell’Angelus di ieri da Papa Francesco. Il corpo incorrotto del Beato Franco vi rimarrà sino al 13 settembre, perché possa essere meta di pellegrinaggi e preghiere. Giorno 15 farà il suo rientro nella Cattedrale luciese, dove, dopo una Messa di ringraziamento presieduta dall’arcivescovo mons. Calogero La Piana, verrà collocato definitivamente, in nuova postazione a sinistra dell’altare centrale.
Le operazioni di ricognizione canonica del corpo, iniziate il 15 maggio scorso, hanno rivelato i segni evidenti delle durissime penitenze con cui Antonio Franco automortificava la carne per elevare il suo spirito. In particolare, come anticipato dal vicario foraneo, don Paolo Impalà, si notano chiaramente la denutrizione del corpo e il solco del cilicio, la pesante catena che il Beato usava per flagellarsi e cingersi i fianchi, e che viene portata a casa dei malati per richiedere la grazia della guarigione.
Il nome di battesimo Antonio Franco è diffuso sin dal 1626, come riportano le fonti d’archivio, a ricordo di grazie ricevute e di una fede incrollabile nelle sue “Virtù eroiche”. Annoverata in una lunga lista di fatti prodigiosi, vi è persino la testimonianza di resurrezione dei morti, tra gli atti funzionali alla Causa che ricordano guarigioni da ogni genere di male, esorcismi, interventi sulle calamità naturali. La salvezza da una tempesta in mare, ad esempio, è evocata ogni anno nel giro votivo offerto dal complesso bandistico luciese, i cui componenti nel 1917 scamparono ad un naufragio nelle Eolie. Altrettanto celebre il “miracolo dell’acqua” fatta sgorgare a San Filippo del Mela, dove esiste il nome di una via intitolata al Beato Antonio Franco.

Parallelamente alle testimonianze d’archivio, esistono diverse ricerche dedicate a questa grande figura, tra cui un fondamentale studio di padre Giovanni Parisi del ’65, un volume di mons. Raffaele Insana e Antonino Saya Barresi del ’97, i preziosi scritti della famiglia Fulci. Il Beato Franco vi appare sempre con tutti i crismi di una santità di raro fervore, connessi alla sua alta statura umana, morale, spirituale, che lo rende uno dei Pastori più ragguardevoli e prestigiosi fra quanti si distinsero nei decenni successivi al Concilio di Trento. Si preoccupò della formazione e della moralità del clero, lottò contro gli abusi dei potenti e degli usurai sui deboli e sui contadini, rinunciò ai suoi stessi privilegi e si umiliò vivendo poveramente. Anche nell’azione evangelizzatrice, il suo modello fu San Carlo Borromeo, tanti che volle celebrare i Sinodi annuali proprio il giorno della sua festa, il 4 novembre.

L'uscita del corpo incorrotto dalla Cattedrale luciese, lo scorso 15 maggio