L'incendio alla RAM visto da Santa Lucia del Mela, nella foto di GIANMARCO AMICO |
Katia Trifirò - In questi casi di parla di tragedia annunciata. E non c'entra il fatto che non ci siano stati né morti né feriti, perché le conseguenze di un disastro ambientale enorme graveranno sulla nostra terra per anni, forse per decenni. Siamo stati svegliati nel sonno da un vicino di casa, dalla telefonata di un amico. O magari eravamo svegli, eravamo in giro e abbiamo assistito in diretta al tremendo spettacolo del fuoco divampato alla Ram.
Questa è una cronaca che non avrei mai voluto scrivere. E non vorrei, mentre scrivo, assistere impotente alla nube scura che continua ad alzarsi e ad alimentarsi, nonostante le rassicurazioni, nonostante ci dicano, da ieri notte, che "la situazione è sotto controllo". Dopo la paura, è il giorno della rabbia, dell'incertezza sul futuro. Tra qualche tempo, inizieremo forse a non parlarne più, perché le notizie, si sa, passano e di dimenticano.
Peccato che questa non sia una notizia come tutte le altre. Perché oggi celebriamo, ancora una volta, gli effetti del fallimento di una politica territoriale che ha investito sull'industria rinunciando alla difesa della salute e dell'ambiente, in un clima di asservimento e collusione in cui non c'entra più neanche il ricatto occupazionale, né le ragioni, più che legittime, di chi vive lavorando per la Ram. Questo sarà anche il momento delle speculazioni e delle recriminazioni, delle polemiche e forse anche delle strumentalizzazioni. C'è chi, tuttavia, da sempre lotta per un altro modello di sviluppo e di cultura, chi non scende a patti con l'industria, ed oggi è altrettanto legittimato a far sentire la propria voce.
Quella di ieri rimarrà per sempre una notte che anche la comunità luciese ricorderà come un incubo, mentre cresce la preoccupazione per le conseguenze a lungo termine che il territorio comunale, uno dei più inquinati tra quelli dichiarati ad alto rischio ambientale, dovrà scontare per un tempo ancora difficile da quantificare. Una notte di uomini, donne e bambini in strada, terrorizzati dai bagliori sinistri
ben visibili da tutti i punti del territorio e allarmati dal fumo acre che
ammorba l’aria. Qualcuno cerca di lasciare la città, altri preferiscono dormire
in auto perché hanno paura di rientrare in casa.
In
mancanza di comunicazioni ufficiali, c’è chi bussa alle porte dei vicini e chi
cerca informazioni e notizie sui portali web e su Facebook. Anche il sindaco Nino
Campo e il gruppo comunale di Protezione civile si affidano alla rete per
diffondere informazioni su come comportarsi, e, sino alle prime luci dell’alba,
girano per le strade e raggiungono i quartieri, cercando di rassicurare i
cittadini e di contenere il panico.
«Quando
ci siamo accertati che non c’era pericolo di esplosione, abbiamo invitato la
popolazione a non lasciare le proprie abitazioni», dichiara oggi Campo. Numerose
famiglie, provenienti anche dai centri vicini, per tutta la notte cercano
rifugio nella sede della Protezione civile luciese, che ha attivato il CoC
(centro operativo comunale) e le azioni di sostegno ai cittadini.
Al
risveglio, scatta la reazione di protesta della comunità, che si sta
organizzando in un comitato spontaneo per difendere il proprio diritto alla
salute contro l’inquinamento. Una battaglia sostenuta dall’assessore
all’ambiente Rosario Torre, da sempre in prima linea su questi temi, e
dall’amministrazione comunale.
«Pretendiamo
chiarezza da parte delle industrie e garanzie dalla Prefettura, per poter dare
risposte ai cittadini», incalza Campo. «Vogliamo vigilanza e rispetto delle
procedure di sicurezza. Solo in questo caso le industrie possono coesistere con
l’ambiente, perché non è la popolazione a doversi adeguare ma il contrario».
Una posizione netta, segnalata dalla convocazione, giovedì scorso, di un
consiglio comunale aperto, programmato per il prossimo 15 ottobre, con i rappresentanti
nazionali delle associazioni ambientaliste e degli esperti.