Sono quattro le opere dell’immenso patrimonio artistico luciese selezionate per la mostra “Santi medici e taumaturghi”, allestita sino al 15 gennaio al Monte di Pietà di Messina per i 50 anni della casa di cura “Villa Salus” a cura di Giampaolo Chillè, Stefania Lanuzza e Grazia Musolino. Si tratta di tele settecentesche custodite nell’ex convento dei Cappuccini, restaurate per l’occasione e collocate, insieme ad altri dipinti, sculture, oggetti di arte decorativa e materiali etnoantropologici provenienti da tutta la Sicilia, come testimonianza artistica della devozione tributata nei secoli ai santi guaritori del mondo cristiano.
Le quattro tele sono attribuite a Fra’ Felice da Sambuca, pittore cappuccino attivo in Sicilia e specialmente a Santa Lucia del Mela. Uno studio realizzato da Luigi Giacobbe, che ne ha promosso il restauro, rileva che vi sono raffigurati «personaggi di varia estrazione sociale, afflitti da qualche sventura o menomati nel fisico, nell’atto di chiedere la grazia per una pronta guarigione o invocare il rimedio ad un evento funesto». Con un effetto di “quadro nel quadro”, vi compaiono anche i santi cappuccini pregati per l’intercessione, ai quali ciascun “ex voto” è dedicato. Il restauro, a cura di Luciano Buemi Pensabene, ha salvato le tele dalle ingiurie del tempo, riportando alla luce i colori originari e recuperando la superficie pittorica, in taluni punti danneggiata.
Alla mostra messinese, esito di un felice connubio tra il privato – la famiglia Barresi, sponsor dell’evento – e un’istituzione pubblica – la Provincia di Messina –, spetta pertanto il merito di «puntare di nuovo l’attenzione verso quel patrimonio artistico siciliano che continua a vivere nell’ombra e che merita di essere riportato alla luce», come afferma il suo ideatore e organizzatore, Saverio Pugliatti. Relativamente alle tele luciesi, sotto i riflettori si trovano per la prima volta non solo quattro opere poco conosciute, nonostante il valore artistico, storico e culturale, ma anche il luogo da dove provengono: il complesso dei Cappuccini (1610), che custodisce preziose opere disseminate tra la chiesa, il convento e la cripta e rappresenta un autentico tesoro in attesa di essere riscoperto e riportato all’antico splendore.
Oltre all’interesse artistico, esiste una precisa indicazione storico-antropologica che ne certifica l’importanza nelle vicende siciliane, proprio per la storia stessa dell’ordine cappuccino e per la funzione che i conventi svolgevano nei luoghi dove venivano edificati. I frati cappuccini, sino alla soppressione civile dell’ordine, nel 1866, trovarono infatti, nel comprensorio, una sede privilegiata nel territorio prelatizio di Santa Lucia del Mela, dove risiedevano dedicandosi alla preghiera, all’attività pastorale e all’assistenza dei malati – specialmente nell’antico ospedale annesso alla chiesa di S. Michele Arcangelo, di cui non restano oggi che poche tracce –. Dalla valle del Mela e dai centri vicini il popolo e i nobili vi facevano riferimento, e a questi ultimi spettava il privilegio di affidarsi alle cure dei cappuccini, esperti nelle tecniche di mummificazione dei corpi, al momento della morte.
Quello che resta dei rituali di imbalsamazione e conservazione dei defunti è visibile nella cripta sottostante alla chiesa, dove si trovano ancora le nicchie nelle quali erano depositati i corpi e un altare con un dipinto. Ma, soprattutto, non sfugge ad un occhio attento un curioso particolare: tra le ossa rimaste, si nota una mano deformata dalla malattia che sembra identica a quella riprodotta nella terza delle quattro tele. Verosimilmente, potrebbe trattarsi proprio del corpo del notabile in marsina rossa che invoca la guarigione. Tuttavia, in attesa di studi che ne verifichino l’identità, non resta che affidarsi alla suggestione dell’ipotesi. «La mostra, prendendo spunto da una originale intuizione, fonda un quadro tematico affascinante e denso di spunti critici per i visitatori, e soprattutto per studiosi ed esperti», commenta Saverio Pugliatti, che ha proposto una composizione in sequenza delle quattro tele luciesi.
L’auspicio è che da qui si possa partire per riportare nella giusta centralità l’arte e la cultura che hanno fatto splendere la storia della Sicilia e, per ciò che riguarda Santa Lucia del Mela, appartengono alle radici stesse delle sue vicende, dominate dalla figura di Federico II che vi istituì, nel 1206, il privilegio raro della “Prelatura Nullius Diocesis”.