Filippo Alibrando - Crisi. È questa la parola che da circa 2 anni si sente ripetere ogni giorno ovunque ci si sposti. Quella che stiamo vivendo è la peggior situazione economica dal 1929, anno in cui crollò la borsa di Wall Street. Ma se allora vennero attuate politiche di riparazione che fecero risollevare animi e mercati, la situazione attuale sembra essere molto più problematica, considerando che gli effetti della crisi vengono principalmente assorbiti dai giovani.
Se il problema riguarda tutta l’Europa, quanto è grave la situazione italiana? Qui da noi sembra assistere ad un corso politico che non fa altro che tamponare le criticità, senza tuttavia alcuna garanzia di riuscita. Un paese come il nostro, se non punta essenzialmente sui giovani, dimostra di essere stantio ad ogni forma di crescita e privo di ogni ragionamento logico.
I dati a riguardo parlano assolutamente chiaro. Secondo il “Corriere della Sera”, nell’arco del triennio 2008–2011 in Italia si è andati incontro ad una forte diminuzione dell’occupazione giovanile, con la perdita del posto di lavoro da parte di circa un milione e 54 mila giovani. Ma anche il divario fra Nord e Sud, tradizionalmente cartina di tornasole per misurare due diverse condizioni che hanno caratterizzato la nostra storia economica, tende a scomparire, visto che il regresso è ormai abbastanza omogeneo.
Se il problema riguarda tutta l’Europa, quanto è grave la situazione italiana? Qui da noi sembra assistere ad un corso politico che non fa altro che tamponare le criticità, senza tuttavia alcuna garanzia di riuscita. Un paese come il nostro, se non punta essenzialmente sui giovani, dimostra di essere stantio ad ogni forma di crescita e privo di ogni ragionamento logico.
I dati a riguardo parlano assolutamente chiaro. Secondo il “Corriere della Sera”, nell’arco del triennio 2008–2011 in Italia si è andati incontro ad una forte diminuzione dell’occupazione giovanile, con la perdita del posto di lavoro da parte di circa un milione e 54 mila giovani. Ma anche il divario fra Nord e Sud, tradizionalmente cartina di tornasole per misurare due diverse condizioni che hanno caratterizzato la nostra storia economica, tende a scomparire, visto che il regresso è ormai abbastanza omogeneo.
Ma se questi
sono i dati riguardanti le medie nazionali, al confronto con quelle europee la situazione appare tutt'altro che incoraggiante. Secondo l'ultimo rapporto Censis, l’impiego dei giovani tra i 15 e i 24 anni è del 20,5%,
mentre quello dei giovani tra i 25 ei 29 anni è del 58,8%. In Europa le
statistiche sono ben più alte, con rispettivamente il 34,1% e il 72,2%. Molto
spesso, però, il semplice fatto che un giovane abbia un lavoro retribuito più o
meno equamente non esclude una condizione di disagio del giovane stesso. Dai
dati Censis si evince infatti che l’Europa preferisce licenziare (dove vi si presenti
l’effettiva necessità) chi è da più tempo impiegato. La situazione italiana
invece è paradossalmente del tutto opposta, visto che la maggior parte delle
persone ad essere licenziate hanno età inferiore ai 35 anni.
Vedendo
questa situazione, molti affermano che “l’Italia non è un Paese per giovani”,
ma questo non è del tutto vero considerando che l’Italia potrebbe esserlo se
solo si attuassero delle politiche più ragionate che guardino al futuro di una
paese in cui le nuove generazioni hanno voglia di migliorarlo, ma semplicemente non sono
nelle condizioni di farlo.
Un altro
fattore in cui per l’Italia è semaforo rosso, è la sincronizzazione
scuola-lavoro. Secondo le ricerche Istat, anche se la maggioranza dei giovani
trova occupazione in un ambito professionale inerente al proprio corso di
studi, vi è ancora una considerevole parte di giovani, ben il 20%, che non è
ancora nella possibilità di esercitare il lavoro per il quale è preparato.
Tutte queste
note dolenti non sono altro che ferite difficili da colmare per il Bel Paese.
Un giovane, al termine del proprio corso di studi, laurea, diploma o altro
titolo che sia, di norma dovrebbe trovarsi di fronte numerose strade da
scegliere per realizzare il proprio futuro. Al momento in cui ci troviamo
questa prospettiva è molto ridotta, e la conferma è data dall’emigrazione di
molti giovani all’estero, per tentare di garantirsi un’istruzione o un’organizzazione
lavorativa migliori di quelle italiane. Se in paesi come l’Inghilterra o la
Svizzera vi è una maggiore possibilità di poter realizzare la propria vita, perché
in Italia no!?
Vivere in un
clima di confusione generale, dove c’è chi ti imputa di essere “bamboccione”, o
ti dice di non abituarti al posto fisso perché è “monotono”, è davvero
complicato in quanto non si hanno garanzie vere per il futuro. Sognare è un
verbo che ormai molti non sanno più coniugare: non per ignoranza, ma perché
oggi si deve guardare in faccia la realtà, vedendo cosa è fattibile e cosa meno
e per un giovane questa è forse la sconfitta più pesante.
Steve Jobs è stato forse l’ultimo a praticare continue iniezioni di fiducia verso i giovani. In una delle sue ultime presentazioni alle sue eccellenti invenzioni disse: “Non lasciate che il rumore delle opinioni altrui offuschi la vostra voce interiore. E, cosa più importante di tutte, abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione. In qualche modo loro sanno che cosa volete realmente diventare. Tutto il resto è secondario”.
Parole che per un giovane dovrebbero essere pane quotidiano, ma che attualmente sembrano solo utopia…
Parole che per un giovane dovrebbero essere pane quotidiano, ma che attualmente sembrano solo utopia…