venerdì 30 ottobre 2015

Il campione Beppe Furino ospite oggi dello Juventus Club Doc "Gaetano Scirea"

Beppe Furino negli anni Settanta
Nuovo grande ospite allo Juventus Club Doc “Gaetano Scirea” di Santa Lucia del Mela, che oggi pomeriggio alle 17.30 accoglierà il capitano Beppe Furino, indimenticabile campione della leggendaria storia bianconera. Il presidente Benedetto Merulla e i soci lo incontreranno nella nuova sede del Club, per ripercorrere insieme le gloriose pagine della Juve di ieri e di oggi. 
Furino, nato a Palermo nel 1946, cresce calcisticamente nella Juventus, nella scuola calcio bianconera; il primo prestito è al Savona, dove si disimpegna come ala sinistra. Tornato a Torino, viene trasferito nella sua città natale, dove disputa il campionato 1968/69. Dice in un’intervista: «Ero cresciuto nel settore giovanile della Juventus e venivo da un paio di campionati a Savona fra B e C; la società bianconera voleva prendere il rosanero Benetti ed io fui girato in prestito al Palermo, che era appena approdato in serie A. C’era un grande entusiasmo, il Palermo tornava nel massimo campionato dopo cinque anni. Le prime due giornate giocammo in trasferta: all’esordio a Cagliari e perdemmo 3-0, due goal di Riva ed uno di Boninsegna; poi a Torino contro la Juventus e portammo a casa un bel pareggio. Finalmente, arrivò il debutto allo stadio “Favorita”, ospitavamo l’Inter di Mazzola, Corso, Suarez e Jair. Lo stadio poteva tenere quarantamila spettatori ma, secondo m,e non erano meno di sessantamila. C’era un tale frastuono che non riuscivo a sentire nulla di quello che si diceva sul campo. Riuscimmo a fare 0-0, come la settimana precedente. La seconda emozione la provai entrando a “San Siro” dove quell’anno pareggiammo sia contro l’Inter che contro il Milan. A fine campionato ritornai alla Juventus, dove sono rimasto tutta la carriera». 
La parola “stanchezza” non esiste nel suo vocabolario: «Una volta sola ho avuto un po’ di paura. È stato in occasione di una partita di Coppa Italia, giocata contro il Catanzaro. Non so dire con precisione che cosa sia stato, perché è durato poco. Ma ho provato un po’ di timore, difficile da spiegare; per fortuna non si è più ripetuto». Caminiti gli affibbiò il soprannome di “Furia” dopo le prime partite nella Juventus. La sua carriera termina, praticamente, con l’arrivo di Platini; famosa è la frase dell’Avvocato: «È inutile avere Platini, se il gioco passa attraverso i piedi di Furino». Il “Trap” obbedisce e “Furia” viene sostituito da Bonini. Trapattoni non si dimentica, però, di Furino e lo schiera nel campionato successivo, per permettergli di vincere il suo 8° scudetto. Ci sono stati tanti mediani fortissimi nella storia bianconera: Bigatto o Bertolini, Depetrini o Del Sol, ma nessuno è stato come lui. Il suo sacrificio, la sua presa diretta nel gioco, là dove nasce il pericolo, là dove si rischia, non manca mai.
Diceva alla fine del 1979: «Tutte le vittorie sono uno stimolo a proseguire con lo stesso spirito, per questo mi sento ancora al debutto. Perché mi sono realizzato in una Juventus vincente, una Juventus che mi ha insegnato che, per andare avanti, bisogna darci dentro, per ottenere il risultato attraverso il gioco e la lotta. La durezza delle stagione e la media positiva dei miei anni calcistici, durante i quali ho ricoperto tantissimi ruoli, da difensore puro ad ala tornante, da centrocampista a “jolly”, mi hanno fatto maturare una mentalità elastica, ma sempre proiettata in avanti. Mi rendo conto che posso farcela ancora e bene; non vedo il motivo per sentirmi dire che sono, non dico vecchio, ma anziano. Sarò un vecchio capitano, questo sì, perché porto la fascia da sei stagioni, ma, nel ruolo, mi sento proprio come ero agli inizi e questo mi carica. Una cosa sola voglio: andare avanti con lo stesso spirito».