Beppe Furino negli anni Settanta |
Nuovo grande ospite
allo Juventus Club Doc “Gaetano Scirea” di Santa Lucia del Mela, che oggi
pomeriggio alle 17.30 accoglierà il capitano Beppe Furino, indimenticabile
campione della leggendaria storia bianconera. Il presidente Benedetto Merulla e i soci lo incontreranno nella nuova sede del Club, per ripercorrere insieme le gloriose pagine della Juve di ieri e di oggi.
Furino, nato a Palermo nel 1946, cresce
calcisticamente nella Juventus, nella scuola calcio bianconera; il primo
prestito è al Savona, dove si disimpegna come ala sinistra. Tornato a Torino,
viene trasferito nella sua città natale, dove disputa il campionato 1968/69.
Dice in un’intervista: «Ero cresciuto nel settore giovanile della Juventus e
venivo da un paio di campionati a Savona fra B e C; la società bianconera
voleva prendere il rosanero Benetti ed io fui girato in prestito al Palermo,
che era appena approdato in serie A. C’era un grande entusiasmo, il Palermo
tornava nel massimo campionato dopo cinque anni. Le prime due giornate giocammo
in trasferta: all’esordio a Cagliari e perdemmo 3-0, due goal di Riva ed uno di
Boninsegna; poi a Torino contro la Juventus e portammo a casa un bel pareggio.
Finalmente, arrivò il debutto allo stadio “Favorita”, ospitavamo l’Inter di
Mazzola, Corso, Suarez e Jair. Lo stadio poteva tenere quarantamila spettatori
ma, secondo m,e non erano meno di sessantamila. C’era un tale frastuono che non
riuscivo a sentire nulla di quello che si diceva sul campo. Riuscimmo a fare
0-0, come la settimana precedente. La seconda emozione la provai entrando a
“San Siro” dove quell’anno pareggiammo sia contro l’Inter che contro il Milan.
A fine campionato ritornai alla Juventus, dove sono rimasto tutta la carriera».
La parola “stanchezza” non esiste nel suo vocabolario: «Una volta sola ho avuto
un po’ di paura. È stato in occasione di una partita di Coppa Italia, giocata
contro il Catanzaro. Non so dire con precisione che cosa sia stato, perché è
durato poco. Ma ho provato un po’ di timore, difficile da spiegare; per fortuna
non si è più ripetuto». Caminiti gli affibbiò il soprannome di “Furia” dopo le
prime partite nella Juventus. La sua carriera termina, praticamente, con l’arrivo di Platini;
famosa è la frase dell’Avvocato: «È inutile avere Platini, se il gioco passa
attraverso i piedi di Furino». Il “Trap” obbedisce e “Furia” viene sostituito
da Bonini. Trapattoni non si dimentica, però, di Furino e lo schiera nel
campionato successivo, per permettergli di vincere il suo 8° scudetto. Ci sono
stati tanti mediani fortissimi nella storia bianconera: Bigatto o Bertolini,
Depetrini o Del Sol, ma nessuno è stato come lui. Il suo sacrificio, la sua
presa diretta nel gioco, là dove nasce il pericolo, là dove si rischia, non
manca mai.
Diceva alla fine del 1979: «Tutte le vittorie sono uno stimolo
a proseguire con lo stesso spirito, per questo mi sento ancora al debutto.
Perché mi sono realizzato in una Juventus vincente, una Juventus che mi ha
insegnato che, per andare avanti, bisogna darci dentro, per ottenere il
risultato attraverso il gioco e la lotta. La durezza delle stagione e la media
positiva dei miei anni calcistici, durante i quali ho ricoperto tantissimi
ruoli, da difensore puro ad ala tornante, da centrocampista a “jolly”, mi hanno
fatto maturare una mentalità elastica, ma sempre proiettata in avanti. Mi rendo
conto che posso farcela ancora e bene; non vedo il motivo per sentirmi dire che
sono, non dico vecchio, ma anziano. Sarò un vecchio capitano, questo sì, perché
porto la fascia da sei stagioni, ma, nel ruolo, mi sento proprio come ero agli
inizi e questo mi carica. Una cosa sola voglio: andare avanti con lo stesso
spirito».