Katia Trifirò – Sempre più vicino l’esito finale del processo di beatificazione e canonizzazione del “Venerabile Servo di Dio” Antonio Franco, che verrà celebrato oggi dalla comunità luciese ricordandone la morte, avvenuta in odore di santità il 2 settembre del 1626.
Manca infatti solo l’ultimo atto, il riconoscimento di una guarigione miracolosa, già attestata da un’apposita commissione medica, perché venga finalmente emessa la Bolla Papale che darà i crismi dell’ufficialità al titolo di “Beato” che mons. Franco ha acquisito presso il popolo, in virtù di una devozione profonda e lunga quattro secoli. Sebbene non ci siano ancora date certe, è atteso nei prossimi mesi il pronunciamento favorevole del Collegio Cardinalizio, propedeutico alla conclusione della causa.
Manca infatti solo l’ultimo atto, il riconoscimento di una guarigione miracolosa, già attestata da un’apposita commissione medica, perché venga finalmente emessa la Bolla Papale che darà i crismi dell’ufficialità al titolo di “Beato” che mons. Franco ha acquisito presso il popolo, in virtù di una devozione profonda e lunga quattro secoli. Sebbene non ci siano ancora date certe, è atteso nei prossimi mesi il pronunciamento favorevole del Collegio Cardinalizio, propedeutico alla conclusione della causa.
Pubblicato l’anno scorso, il decreto sulle “virtù eroiche” di Antonio Franco, stilato dalla Congregazione per le cause dei Santi, ne ribadisce non solo l’intransigenza e la purezza dell’attività pastorale, dedicata agli ultimi, ma anche le doti di pastore “illuminato”. Basti pensare alle azioni di riforma delle istituzioni ecclesiali, sull’esempio di Carlo Borromeo, e all’attenzione per le condizioni degli agricoltori siciliani, emanando vari decreti contro gli usurai.
La fama di uomo santo, conquistata in vita, spinse i fedeli sin dagli anni immediatamente successivi alla sua morte a tentare la causa di beatificazione, che oggi, dopo innumerevoli ostacoli, principalmente legati alla difficoltà di ricostruzione documentale, si avvia all’epilogo positivo.
Il corpo incorrotto di mons. Franco è quotidianamente oggetto di venerazione nella Basilica Cattedrale, dove è custodito all’interno di una teca di cristallo. Napoletano d’origine, Cappellano reale presso la corte di Filippo III a Madrid, fu designato nel 1616 Cappellano maggiore del Regno di Sicilia, al cui ufficio era connesso anche quello di Abate e Prelato ordinario della Prelatura Nullius di Santa Lucia del Mela. Fece qui il suo ingresso un anno dopo, confermato dalla Santa Sede cui la Prelatura Nullius era soggetta sin dalla sua istituzione da parte di Federico II, nel 1206.
Legato alla sua carismatica figura da un culto radicato, e diffuso nella valle del Mela, il popolo luciese lo celebra con un intenso programma religioso, che ha previsto anche quest'anno un tradizionale pellegrinaggio votivo vero la contrada di S. Giuseppe, in campagna, dove, come rivelano resti archeologici e fonti storiografiche, esistevano un convento e una chiesa visitata con frequenza dal Prelato. Oggi il giro votivo offerto dalla Banda musicale “Michele Randisi” in ricordo di una grazia ricevuta dai suoi componenti all’inizio del secolo scorso, celebrazioni eucaristiche e una processione penitenziale.